La guerra, il petrolio e gli affari ottenuti in Iraq

Un liquido infiammabile, denso e di colore nero fa scatenare da moltissimi anni l’ira dei potenti della terra. L’oro nero, così chiamato dai mass media, è l’oggetto del desiderio delle autorità, è uno dei principali fattori che scatenano conflitti armati. La presenza delle industrie petrolifere nella terra causa seri problemi alle popolazioni ed alla stabilità del sistema. Oltretutto, l’estrazione petrolifera è costosa e spesso danneggia l’ambiente ogni qualvolta ci sono fuoriuscite di petrolio dalle condutture. Il petrolio sta distruggendo la mediazione tra i popoli ed il nostro ambiente, eppure, si fa fatica a ricorrere ai ripari e finanziare seriamente studi alternativi che da anni si propongono alle comunità internazionali.

L’impossibilità di calcolare esattamente la quantità di riserve di petrolio, dà spazio a diverse previsioni, anche pessimistiche. Uno studio nel 1972 affermò che nel 2000 sarebbero state esaurite circa il 25% delle riserve mondiali di oro nero. I dati pubblicati annualmente dalla BP, oggi, danno uno schema molto più pessimistico. Si rileva che la quantità di petrolio utilizzata dal 1965 al 2004 sia stata di 116 miliardi di tonnellate e le riserve ancora disponibili dal 2004 sono valutate in 162 miliardi di tonnellate. Con questi valori si può facilmente capire che la situazione è allarmate per le generazioni future se non si ricorre ad una alternativa seria. Secondo la BP, il petrolio disponibile è sufficiente per circa 40 anni a partire dal 2000, supponendo di continuarne l’estrazione al ritmo attuale.

Ma sino ad oggi nessun segnale di preoccupazione appare dai volti dei capi di stato, anzi, si mettono in strada ancora con le loro politiche arretrate per non mettere in discussione la centralità dell’occidente. I due mercati principali, per lo scambio di petrolio, sono il NYMEX di New York e l’International Petroleum Exchange di Londra (IPE). Entrambi sono di proprietà americana. In entrambi, il prezzo del petrolio e la quotazione avvengono in dollari. Anche se Russia e Iran ultimamente sono intenzionate ad aprire Borse locali in cui è possibile acquistare petrolio e gas in valuta diversa dal dollaro. Il gioco del petrolio quindi, si può ben capire, favorisce la supremazia americana con i suoi stati satelliti e permette loro di possedere il controllo della comunità internazionale.

La supremazia americana sul petrolio è indiscutibile. Per questi motivi la nazione ha fermamente dichiarato guerra a tutti gli stati che violavano le condizioni dettate dalla grande macchina americana. Con una semplice scusa, in poco tempo si è arrivati ad accusare Saddam Hussein di possedere armi di distruzione di massa e di appoggiare il terrorismo internazionale. Abbiamo visto e sentito di tutto in questa guerra, ma ciò che rimane impressa è la frenesia di difendere gli oleodotti da parte dell’esercito americano. Non solo in Iraq, ma in tutto il mondo, l’esercito americano è alle prese con i dissidenti per accaparrarsi le zone con più risorse di petrolio in attesa della grande era di insufficienza di oro nero.

Ma la guerra per il petrolio voluta dell’ex presidente americano Bush contro l’Iraq di Saddam Hussein è vinta. Oggi il sangue continua a scorrere in quella terra ormai dilaniata, ma nonostante tutto, la vita va avanti. Anche e soprattutto gli affari. E tra il 29 e 30 giugno l’Iraq assegnerà contratti ventennali per lo sfruttamento delle riserve petrolifere alle compagnie occidentali dichiara in un articolo Pacereporter. Contro questo progetto si è scagliato Fayad al-Nema, ex direttore della compagnia nazionale South Oil Company, secondo il quale la concessione di sfruttamento alle compagnie straniere metterà in ginocchio l’economia del Paese e ne limiterà l’indipendenza. Al-Nema è stato rimosso dal suo incarico e pensa che la causa sia proprio per la sua opposizione alle ingerenze straniere sul petrolio iracheno.

Onori Andrea
da http://periodicoitaliano.info/2009/06/20/la-guerra-il-petrolio-e-gli-affari-ottenuti-in-iraq/

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