Da “Clandestino eroe” al Cie

Ammar è quel ragazzo passato sotto i riflettori, etichettato dai giornali come un “eroe clandestino”. Da moltissimi anni vive a Firenze nell’oscurità, poi improvvisamente diventa celebre quando si è buttato nell’Arno per salvare una ragazza che stava annegando. La stampa non poteva non intervistarlo, lodarlo con fotografie, articoli ecc. La promessa del permesso di soggiorno era assicurata, lui era un “eroe” per la stampa e per l’opinione pubblica.

Poi, come succede sempre nella realtà, l’incantesimo svanisce, gli articoli diventano carta da bruciare e Ammar passa nel dimenticatoio e i piccoli precedenti penali di Ammar pesano come macigni, più di una vita salvata sull’Arno. Addirittura, passa sotto silenzio un suo arresto per una rapina che non ha fatto e una volta scontata la pena (ingiusta) viene portato dal carcere al Cie e la stampa si dimentica del “clandestino eroe”. A loro, servi di partiti, serve solo lo scoop, non gli interessa la vita e la libertà di un uomo. Quell’uomo, in quell’attimo, è uno strumento per la destra e per la sinistra. Serve solamente per garantirgli le loro politiche di governo o di opposizione. Ma in realtà a loro di Amman e degli altri, non gli interessa nulla. Gli onnipotenti, i politici, figurati se hanno intenzione di stringere la mano ad un “Clandestino”.

Ammar viene portato e rinchiuso all’interno del Cie di Bari. In solitudine, come tutti gli altri detenuti passa giornate intere a marcire nei Lager di Stato. A pranzo, Ammar non siede sui tavoli per mangiare, non ci sono, deve arrangiarsi e sedersi per terra. Lì dentro ci sono persone che amano, sorridono e soffrono come tutti noi. Diversamente da noi, loro, devono sopportare il delirio di onnipotenza dei capi che decidono della loro vita e della loro morte. Sono corpi gettanti in un contenitore, in un Lager accettato da tutti.

Andrea Onori

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