I rifugiati iracheni sono allo stremo

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27 gennaio 2011:

L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, in un comunicato ufficiale pubblicato nella giornata di ieri, ha chiesto un sostegno cospicuo per i tanti rifugiati iracheni che vivono nei campi allestiti dall'agenzia. I fondi dovranno contribuire a sfamare e rendere una vita degna a oltre 190 mila persone che vivono sparsi tra la Siria e la Giordania a causa della disastrosa guerra che Bush portò avanti senza alcuna motivazione plausibile.

"Faccio appello ai governi donatori di riconoscere le esigenze critiche dei rifugiati iracheni che diventano più vulnerabili di giorno in giorno", ha dichiarato António Guterres appena tornato da una visita in Iraq.

Secondo le Nazioni Unite, il 34 per cento dei rifugiati iracheni registrati presso l'Agenzia, sono considerate vulnerabili, tra cui migliaia di persone con condizioni di salute critiche. Oltre 89mila rifugiati sono tornati in Iraq negli ultimi tre anni, ma il numero sta lentamente diminuendo.

Il Piano di risposta per i rifugiati iracheni riunisce i progetti di 40 organizzazioni internazionali e non governative (ONG) che stanno sostenendo i rifugiati iracheni in 12 paesi, tra cui Siria, Giordania, Libano, Egitto, Turchia e Iran.


Ottobre 2010:

A causa del conflitto iracheno, moltissimi uomini, donne e bambini hanno cercato la via di fuga dal proprio Paese. Al Cairo, i rifugiati iracheni sotto la tutela dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), hanno cercato e ottenuto l’ospitalità.

L’ondata di arrivi più abbondante è iniziata alla fine del 2006, e nel 2007 gli iracheni sono diventati il gruppo più numeroso di rifugiati registrati, dopo il Sudan. Tuttavia, dal 2008, alcuni hanno cominciato a tornare in Iraq. Tra gennaio e settembre 2009, l’UNHCR, ha aiutato 619 iracheni a ritornare nella loro terra.

Ma la maggior parte dei rifugiati non intendono tornare in Iraq. Nelle loro storie, nei loro occhi si riesce a capire il perché. Una donna sciita intervistata dagli operatori dell’UNHCR ha dichiarato che il suo futuro lo vede nel paese ospitante. “Ho lasciato Baghdad nel 2006, con le mie due figlie in aereo, dopo aver ricevuto una serie di minacce di morte da parte dei miliziani.” Ha raccontato la donna che era vice-presidente di un organizzazione per i diritti umani a Baghdad.

Qualcuno ha portato risparmi, qualcun altro ha perso tutto e dipende interamente dall’UNHCR e dallla Caritas. Nonostante le difficoltà l’obiettivo di molti iracheni è quello di restare in Egitto. Qualcuno ha iniziato a trovare lavoro stabile, e molti ragazzi frequentano le scuole e le università egiziane. ”L'UNHCR mi dà £ 4.500 egiziani (823 dollari) all’anno per l'istruzione delle mie figlie. Ho anche ricevuto un assegno mensile da parte della Caritas, perché io sono considerato un caso vulnerabile. Le mie figlie non sanno che ho ricevuto alcun sostegno. Pensano che io lavoro, perché è quello che io dico loro e ogni giorno faccio finta di andare a lavorare. Perché nella mia società è vergognoso dover chiedere aiuto agli altri al di fuori della famiglia.” dice un’altra donna.

L’UNHCR e le ong si stanno impegnando per cercare lavoro e dare più stabilità alle persone più vulnerabili, ma se i governi non mettono la loro mano, l’agenzia per i rifugiati può far ben poco per salvare questa popolazione. Tutto ciò, non deve essere visto come un problema egiziano, ma è una gravissima questione internazionale. I rifugiati, in ogni parte del mondo, sono abbandonati a se stessi. Si da loro quel poco che si vuol dare e sembra che la coscienza, di chi offre carità, torni apposto.

La vita da rifugiato non è facile. Si è obbligati ad abbandonare la propria casa, la propria quotidianità, senza sapere cosa ti aspetta. “Nonostante tutti i problemi in Iraq, prima delle minacce di morte, avevamo una bella vita. Qui, al Cairo, non abbiamo prospettive.” Dice la donna intervistata dall’UNHCR.

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