Insistere sulla cultura dell’altro

Come ogni anno, il dossier statistico immigrazione della Caritas/Migrantes ci fornisce un resoconto dettagliato e fluido sull’evoluzione del fenomeno migratorio in Italia. Quest’anno, è stato il XX rapporto e si è ricordato quel lontano 1991, quando, a seguito di un provvedimento di regolarizzazione ci fu l’esigenza di partire e raccontare con documentazione statistica e indagini sul campo, il fenomeno migratorio.

La prima edizione fu voluta dal mons. Luigi Di Liegro, l’ideatore e “amico degli immigrati” dice Mons. Enrico Feroci, direttore della Caritas diocesana di Roma. Per il fondatore, lo scopo di tale progetto era la consultazione veloce e attendibile di un dossier capace di fare chiarezza e rimediare ad una grave carenza nel panorama istituzionale.

L’immigrazione oggi è semplicemente una opportunità. Bisogna insistere sull’accoglienza e la tutela dei diritti fondamentali. “ Ci accusano di buonismo – dice Mons Feroci – ma noi siamo seri e cerchiamo di risolvere i problemi con le soluzioni, nel rispetto dei diritti fondamentali. L’immigrazione è sollecitazione a conoscere l’altro”.

Il rapporto è stato presentato martedì 26 ottobre, al teatro Orione (Roma) in collaborazione con organizzazioni internazionali, strutture pubbliche e mondo sociale. Sono intervenuti oltre al Mons. Feroci, Franco Pittau (coordinatore Dossier Statistico Immigrazione), Radwan Khawatmi (imprenditore) e Mons. Guerino Di Tora (presidente commissione migrazioni). All’incontro doveva partecipare, come rappresentante istituzionale, Renata Polverini, presidente della regione Lazio, ma a quanto pare, è stata convocata improvvisamente per discutere sul federalismo fiscale e il suo posto è stato occupato da Mariella Zezza, assessore al lavoro e alla formazione, che comunque ha parlato per conto della Polverini.

Alcuni dati statistici

Nel 1990 gli immigrati regolari erano meno di 500 mila. Oggi, secondo le stime del dossier, le presenze arriverebbero a 5 milioni, un immigrato ogni 12 residenti. Sono circa 250 mila i matrimoni misti contratti tra il 1996 e il 2008 e 570 mila i bambini, figli di stranieri, nati in Italia. E ancora, 50 mila persone l’anno acquisiscono la cittadinanza italiana e sono più di 100 mila i ricongiungimenti familiari ogni anno. Dati che non si possono ignorare, reprimere o discriminare. Sono persone in carne ed ossa che sudano e producono per mandare avanti l’economia italiana.

Prima si guardavano con curiosità. Dagli anni 2000, si vede una forte chiusura, discriminazione e spesso atti di violenza” afferma Franco Pittau. Si evince che la sensibilità degli italiani diminuisce sempre di più e si è ribadito ancora una volta che c’è bisogno di voltare pagina. La paura può essere vinta superando l’info imparziale.

I lavoratori stranieri

Oggi, i lavoratori immigrati regolari sono 2 milioni e si inseriscono proprio nei mestieri che gli autoctoni non apprezzano più. Si sono resi indispensabili in diversi settori: assistenza, agricoltura, edilizia e in vari comparti industriali. Molti sono laureati, ma sempre disponibili a qualsiasi lavoro.

Un luogo comune ci dice che gli immigrati costano troppo allo Stato italiano. La secca smentita arriva proprio dal dossier che delinea perfettamente la disuguaglianza: “gli immigrati pagano di più di quello che ricevono” dice Pittau.

Un decimo della forza lavoro (e del nostro PIL) oggi è rappresentata dagli immigrati; secondo i dati 2009 riportati nel rapporto ”Immigrati imprenditori in Italia”, sono 156 mila le aziende costituite da immigrati che lavorano in agricoltura, nel commercio, nell’edilizia e nei servizi. Circa 400 mila sono gli stranieri titolari d’impresa, amministratori e soci di aziende. Secondo il dossier, questa grande forza lavoro dichiara al fisco 37 miliardi l’anno e contribuisce al Prodotto interno Lordo del paese per 11,1%. Inoltre, versano 7 miliardi e mezzo in contributi previdenziali l’anno, portando al risanamento del bilancio dell’Inps. Dunque, scaricano alle casse pubbliche più di quanto prendono come prestazioni e servizi sociali.

Siamo una colonna portante – dice l’imprenditore del made in Italy Radwan Khawatmi – Ma in questo periodo di crisi sono stati gli immigrati ad aver sentito di più il colpo” poi, se contiamo anche le norme restrittive varate dal Governo si legge ancora di più l’esclusione che subiscono all’interno del territorio nazionale. “La legge Bossi/fini – continua Khawatmi – non è più adeguata, è vecchia. Non va bene questa rigidità normativa. Oggi hai sei mesi di tempo per trovare un lavoro” e non conta nulla se magari vivi in Italia da 20 anni.

Integrazione

L’immigrazione è una realtà che ci chiama in causa e bisogna dargli attenzione anche per coerenza storica – dice Mons Guerino Di Tora – Bisogna valorizzare le differenze per percorrere obiettivi comuni. Oggi, l’intercultura è una strategia imperniata sull’incontro”.

In Italia, per gli immigrati è sempre più difficoltoso l’accesso ai servizi. Per il dossier crescere e mantenere un figlio costa ad una famiglia mediamente 9.000 euro l’anno, anche per le famiglie immigrate. Tuttavia, inspiegabilmente, le madri straniere sono state escluse dal beneficio del bonus bebè, così come le famiglie trovano più difficile accedere ad altri benefici sociali erogati dagli Enti locali. Senza bisogno di ulteriori esempi, possiamo affermare che integrazione e pari opportunità vanno di pari passo, in un intreccio di doveri ma anche di diritti.

L’immigrazione – dicono i curatori del Dossier statistico immigrazione – è una opportunità che ci viene offerta dalla storia per il nostro benessere economico, la nostra crescita culturale e la nostra sensibilità”. Cogliere questa opportunità per camminare insieme e costruire qualcosa di diverso, senza urlare all’invasione o addirittura all’islamizzazione dell’Europa. L’intercultura è un passo importante che dobbiamo fare in prima persona e non solo attraverso le leggi perché siamo noi, uno ad uno, che dobbiamo conoscere l’altro.

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