La lunga battaglia di Brescia. Prevenire è meglio che curare

Prevenire è meglio che curare”, l’imperativo coniato qualche millennio fa da Ippocrate, in questo Paese sembra essere dimenticato nel nulla. Forse, ancora peggio: ignorato. Nella sanità così come nel lavoro edilizio, nella politica così come in agricoltura. Ovunque, questo imperioso aforisma è trascurato e sottovalutato. Anche nel campo delle politiche migratorie.

Nella società moderna i diritti rappresentano sicuramente il bene più importante per l’uomo, da tutelare e preservare il più a lungo possibile. Senza altri ulteriori giri di parole possiamo affermare che integrazione (o meglio la reciproca integrazione) e pari opportunità vanno di pari passo, in un intreccio di doveri ma anche di diritti.

In questi giorni a Brescia è scoppiata una protesta che era in incubazione da molto tempo. Una bomba umana sottovalutata e disprezzata. Tutti conoscevano la situazione insostenibile, ma si taceva. “Prevenire” costa idee e fatica, lavoro e rinnovamento. Mentre “curare”, non porta mai allo sradicamento delle problematiche. Si tampona dove si può attraverso la macchina repressiva. Si prova a smorzare gli animi con la violenza fisica e psicologica.

Continuando a fare gli indifferenti su un tema estremamente importante come quello dell’immigrazione e trascinando a lungo la questione, è arrivato il momento in cui l’elastico si è spezzato. Nonostante le motivazioni dei rivoltosi siano distanti l’un dall’altro, gli accomuna la voglia di ESSERCI. Così successe a Rosarno, così è successo a Brescia e così succederà in futuro se non iniziano seri dibattiti. Continuare con la politica del manganello può solo far male a entrambe le parti e alla fine non cambia nulla, il risultato è sempre lo stesso.

La battaglia di Brescia

La protesta dei migranti, iniziata il 31 ottobre a Brescia, continua sotto l’indifferenza abbattente dei media italiani. Forse, si pensa che spegnendo le telecamere, la situazione torni alla normalità. Ma la falla, aperta da molto tempo, è difficile che si risani senza un dibattito serio e costruttivo. Ora, più che mai, sarebbe opportuno chiamare in causa tutte le parti della società, anche (e soprattutto) i diretti interessati e lavorare per giungere verso gli Stati Generali sull’immigrazione.

Qualche settimana fa, un gruppo di immigrati scendeva in piazza per chiedere la regolarizzazione. I manifestanti, bloccati dalle autorità, hanno cercato di forzare il cordone e da quel momento sono iniziati momenti di concitazione. La protesta poi si è spostata verso Piazzale Cesare Battisti dove alcuni immigrati sono penetrati nel cantiere della metropolitana e alcuni (inizialmente nove, poi passati a cinque) si sono arrampicati in cima ad una gru, a circa 35 metri d’altezza, da cui hanno srotolato lo striscione “sanatoria”.

Vivono, dormono e mangiano sospesi per aria e non intendono scendere fino a che non otterranno un incontro con il ministero degli Interni, per chiarire una serie di questioni legate alla sanatoria. “C’è un vento molto forte e la pioggia, le nostre coperte sono bagnate. Ma non scendiamo finché non ci sarà una riposta positiva” dicono in continuazione i ragazzi appesi a un filo.


Le richieste

Secondo gli interessati, la protesta sulla gru, non cesserà fino a che Maroni non aprirà una seria trattativa, prestando ascolto alle rivendicazioni di quanti si attendevano di essere regolarizzati con la sanatoria 2009.

Il Governo, con la circolare Manganelli del marzo 2010, ha cambiato le regole in corso d’opera sbarrando la regolarizzazione a chi era colpevole del reato di clandestinità. Un palese controsenso. “Cambiare le regole a procedure già avviate”, dicono i rappresentanti del Movimento Nonviolento di Brescia, “è una modalità inaccettabile per qualsiasi cittadino, ancor più grave per la persona più debole”.

Gli immigrati che presentarono quella domanda nel 2009 pagarono per la regolarizzazione e ora pretendono che gli siano riconosciuti i loro diritti. 294.744 anime presentarono la domanda, secondo i dati del Viminale.

Ogni famiglia che ha voluto regolarizzare una colf o una badante ha pagato 500 euro che sanavano il lavoro clandestino dal 1° aprile al 30 giugno. Si aggiungevano almeno 80 euro pagati dallo straniero per il rilascio del permesso di soggiorno e una marca da bollo, per un totale di circa 600 euro. Molti datori di lavoro, per la regolarizzazione, hanno fatto pagare cifre esorbitanti (anche 10 mila euro) ad ogni suo dipendente. Una vincita al superenalotto per il Governo italiano.

Ora, questi lavoratori che hanno dato tutti i loro risparmi allo Stato, vedono svanire nel nulla la regolarizzazione. Come si può girare lo sguardo e far finta di nulla. Come si può fare gli indifferenti mentre queste persone vengono truffate dai datori di lavoro e da leggi dello Stato che non li tutelano.

La sanatoria è una balla! E' una legge indecente fatta da persone che non capiscono nulla. O forse sono talmente tanto meschine che vogliono reprimere gli immigrati con una violenza psicologica e con un razzismo burocratico senza precedenti.

Tante domande presentate per la sanatoria colf e badanti, sicuramente erano false. Tutti lo sanno e tutti chiudono la bocca. Bisogna cambiare queste leggi che mettono a repentaglio la vita degli immigrati. Molti di loro si sono indebitati per pagarsi i contributi e regolarizzarsi. Ed ora che succede? Vedono la regolarizzazione andare via nonostante i tanti sacrifici. E' una indecenza, è un disegno architettato a tavolino per scoraggiare gli immigrati.

“Non abbiamo più nulla da perdere, ci hanno già fregato tutto”, aveva detto Harun, pachistano, 24 anni in lotta sulla gru con altri 4 ragazzi. “Un Governo serio – ha spiegato una delle persone che partecipano alla protesta – accortosi del problema cercherebbe di porre rimedio, di risolvere in un modo o nell’altro questa situazione di forte diseguaglianza sociale da cui è sfociata la protesta che vede il suo fulcro a Brescia ma riguarda circa 150mila persone in tutta Italia”.

Andrea Onori

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