Ha
43 anni, è vivo ma è come se fosse morto. Non esce più di casa, ha paura del
mondo ed è imbottito da anni di psicofarmaci che lo aiutano a controllare le
sue ansie e la sua depressione. Stiamo parlando di Leonida Maria Tucci,
impiegato per anni come giornalista alle dipendenze del gruppo al Senato di
Alleanza Nazionale. La sua esperienza risulta a tratti scioccante ma è il simbolo
di quello che in Italia può accadere ma che si continua a tacere.
IL
GRIDO DI AIUTO DELLA MOGLIE: “MIO MARITO, ASSASSINATO AL SENATO E IN TRIBUNALE!”
E’ la moglie Giulia Ruggeri
a portare avanti la battaglia per il marito. Una vera e propria “moglie
coraggio” che va avanti per il marito e per i suoi figli di 7 e 11 anni che
vivono di riflesso la battaglia del padre con quelli che loro stessi
definiscono “i cattivi del lavoro”.
Vivono nella provincia
romana, la città per loro è inavvicinabile per il costo della vita, con pochi
spiccioli che la donna guadagna con collaborazioni saltuarie e con l’aiuto
delle persone di buona volonta’.
La narrazione, riportata
anche su una pagina
(https://www.facebook.com/pages/Leonida-Maria-Tucci-il-coraggio-di-denunciare/105574276141033)
e su quattro gruppi Facebook, inizia cosi: “Mio
marito Leonida Tucci, ha cominciato a lavorare presso il gruppo di Alleanza
Nazionale, al Senato della Repubblica nel lontano 1994. Era un ragazzo
all’epoca pieno di aspettative e con un’immensa fiducia nel futuro. Scrivere,
fare il giornalista, gli è sempre piaciuto e per questo fin da subito il
compito affidatogli era quello di addetto stampa”.
All’inizio Leonida comincia
con l’apprendere tutto quello che gli serviva per andare avanti nel mestiere.
Studiò quale fosse il rapporto con le agenzie di stampa. In breve tempo la sua
voglia di fare lo ha portato ad essere stimato tra i senatori del gruppo. Come
avviene anche in molti altri ambienti di lavoro c’è chi sparla e chi prova a
gettare fango. Il tutto per metterlo in cattiva luce davanti al presidente di
allora il senatore Giulio Maceratini. Qui però si supera il segno.
Nonostante tutto la moglie
di Leonida ricorda che suo marito andava avanti. Lavorava dal lunedì alla
domenica anche dodici ore su 24. Alla sua donna ripeteva sempre: “Lasciami seminare, lasciami seminare… un
giorno raccoglierò i frutti del mio lavoro”.
Parole che ad oggi
risuonano come una beffa ma in cui Leonida credeva moltissimo. Tanto da
sacrificare il viaggio di nozze e da tornare a lavoro dopo un’ora dalla nascita
della prima figlia. Tutto questo è andato avanti per 14 anni fino al 2008
quando è stato licenziato senza neppure una comunicazione scritta.
“Gli
uomini di AN – questo è il grido di dolore di Giulia- grazie al lavoro di Leonida, hanno intessuto
relazioni, hanno acquisito considerazione e prestigio, hanno ottenuto
incarichi, hanno fatto carriera politica, hanno guadagnato più soldi, hanno
preso più voti. Quegli stessi uomini, insieme ai loro complici del Pdl, hanno
ringraziato Leonida facendolo ammalare gravemente e buttandolo in mezzo ad una
strada... Ladri. E non solo di soldi, ma di valori, di ideali, di idee, di impegno,
di fatica, di sudore, di sogni, di speranze, di salute, di futuro. Ladri di
vita” .
DAL
CO CO CO RINNOVATO SEDICI VOLTE FINO AL DEMANSIONAMENTO
Leonida svolgeva un lavoro
da giornalista all’interno dell’ufficio stampa di An. Non era però inquadrato
economicamente in questo modo. E’ stato sfruttato e sottopagato con contratti CO.CO.CO.
Tipologia di lavoro che fu
rinnovata per ben 16 volte consecutive. Gli era stato promesso di essere
assunto come giornalista ma tutto questo non è mai avvenuto. Per alcuni anni ha
anche lavorato in nero. Tutto questo mentre gli nasceva, quattro anni dopo la
prima figlia, anche il secondo.
L’assunzione, che in realtà
è l’ennesimo atto di mobbing, ossia un gravissimo demansionamento e una
gravissima dequalificazione professionali, è arrivata il primo aprile 2006 a
dodici anni dal suo primo ingresso al gruppo di An quando il presidente del
gruppo era Domenico Nania e il responsabile del personale l’ex senatore Oreste
Tofani. Leonida non fu assunto come giornalista ma come impiegato di quarto
livello. E sbattuto in segreteria a imbustare lettere e rispondere al telefono.
E’ da allora che per
Leonida comincia la parabola discendente che lo ha portato alla depressione
nella quale è sprofondato. E’ stato il primo dipendente di An a ricevere una
visita fiscale. Già nel 1998 Tofani cercò di far licenziare Leonida ma non ci
riuscì grazie all’intervento di alcuni senatori
che chiesero a Maceratini di salvarlo. Una salvaguardia che gli provocò
però uno spostamento di sede. Fu trasferito nell’ex Hotel Bologna di proprietà
del Senato sempre con le mansioni di addetto stampa. L’ambiente però era
malsano e si è ammalato di asma.
LE
FALSE ACCUSE DI VIOLENZE E IL COLPO LETALE PER LEONIDA
La data chiave di questa
brutta storia è il 19 aprile 2007. Leonida viene sospeso per dieci giorni dal
posto di lavoro con la pesante accusa di aver picchiato le sue colleghe.
L’accusa, ordita dal
recidivo Tofani e firmata dall’ex ministro Matteoli, fu un atto di vero e
proprio mobbing e fu lanciata senza nemmeno usare il sistema del
contraddittorio. Leonida Tucci non fu proprio ascoltato. Una vicenda impugnata
davanti al Tribunale di Roma e dichiarata infondata, illegittima e ingiusta dal
giudice del lavoro Ersilia Foscolo il 20 ottobre 2008. L’uomo non aveva picchiato nessuno ma ormai
lo scandalo aveva minato il suo equilibrio psicologico.
“Leonida
– continua la moglie coraggio - si è visto svanire tutto ciò per cui aveva
lottato nel corso della sua vita: la dignità, la possibilità di poter
provvedere egli stesso alla sua famiglia, ai suoi figli; la soddisfazione di
vedersi e sentirsi integrato nella società come persona che è capace di dare un
apporto, un contributo. Ma tutto questo gli è stato tolto, e continuano
perpetrando la tortura. Anche contando sulla complicità (si sono comprati la
sentenza di 1° grado, emessa dalla giudice Angela Coluccio, della madre di
tutte le cause) e sui tempi biblici, anti-umani della (mala)giustizia italiana.
D’altronde, quale era il disegno luciferino dei carnefici di Leonida? Quello di
isolarlo, di emarginarlo, di calunniarlo, di umiliarlo, di renderlo ridicolo
agli occhi degli altri, di indurlo ad una inattività forzata. Per farlo fuori,
per distruggerlo psicologicamente. Miravano ad annientarlo dal “di dentro”. E tutto
questo, davanti agli occhi di colleghi spesso conniventi o vigliacchi. Il
mobbing è un assassinio che non lascia né cadaveri né armi. Quando si uccide
qualcuno, il morto diventa la prova di un reato sul quale gli organi competenti
dovranno indagare per scoprirne i responsabili. Quando una persona è
mobbizzata, è torturata psicologicamente, la si uccide, la si ammazza, la si
trucida senza sporcarsi le mani di sangue. Leonida è in cura, a tutt’oggi,
presso un Dipartimento di Salute Mentale ed è seguito sia da uno psichiatra che
da una psicoterapeuta. Hanno dovuto imbottirlo di psicofarmaci”.
A tutto questo è seguita
anche una querela (chiaramente intimidatoria) da parte di Oreste Tofani per
diffamazione.
La querela di Oreste Tofani
fu “accolta” in casa dalla prima dei due figli di Leonida Tucci. Il racconto
della moglie Giulia di una sua conversazione con la figlia è davvero
straziante.
“Mia
figlia si spaventò e cominciò a piangere per paura che fossero venuti a portare
via il padre. Una volta mia figlia mi chiese se il padre ci sarebbe stato il
giorno della sua Prima Comunione. Io le chiesi perché mi faceva quella domanda.
E lei mi rispose: “Ho paura che i “cattivi del lavoro” lo facciano morire”…”
Oreste Tofani non si è mai
presentato alle udienze sul caso di specie della querela. Che fu archiviata dal
giudice Filippo Steidl del Tribunale Penale di Roma il quale, nelle
motivazioni, parlo’ apertamente di “mobbing” ai danni di Leonida.
Era il 2008 quando Leonida
viene licenziato addirittura per due volte. La prima da Altero Matteoli del gruppo di An e la seconda da parte di
Maurizio Gasparri del gruppo del Pdl quando Alleanza nazionale si fuse con il
Popolo della Libertà.
“Il
tutto – come denuncia sua moglie Giulia -
nel giro di circa 6 mesi, senza neanche regolare lettera di
licenziamento: la sua unica colpa era quella di aver vinto la causa e di non
aver ceduto allo scandaloso ricatto in base al quale avrebbe dovuto rinunciare
ai 14 anni di pregresso (cioè ai suoi diritti), in cambio di un posto di lavoro
che già aveva… Quindi alla depressione, dovuta alle infamie subite, si è
aggiunta la preoccupazione economica, giacché questo doppio licenziamento
illegale, illegittimo, ingiusto, discriminatorio e ritorsivo ha gettato sul
lastrico la nostra famiglia, che non ce la fa più ad andare avanti. Ci hanno
affamati, addirittura impedendoci inizialmente di poter fruire del sussidio di
disoccupazione. Siamo dovuti andare al Monte della Pietà ad impegnarci la
fedina di fidanzamento, le crocette che avevano regalato ai bimbi per il
battesimo. E le abbiamo perse. Perché non abbiamo avuto i soldi per
riscattarle. Spesso non so come mettere insieme il pranzo con la cena”.
LA
BATTAGLIA LEGALE E L’UDIENZA ANCORA APERTA
La moglie coraggio non si
arrende e per questo intraprende una battaglia legale basata su tre elementi:
la domanda di risarcimento danni per il mobbing inflitto a Leonida per una
vita; l’impugnativa dei due licenziamenti discriminatori, ritorsivi, ingiusti,
illegittimi e illegali; la richiesta delle differenze retributive e
contributive per gli anni in cui il Tucci, pur facendo il giornalista e pur
dovendolo fare (Leonida, per legge, doveva essere assunto a tempo indeterminato
come giornalista, e non come impiegato di IV livello del settore commercio e
sbattuto in segreteria ad imbustare lettere e a rispondere al telefono), è
sempre stato sfruttato, sottopagato e comunque mai come giornalista.
Nel maggio 2011 la giudice
Angela Coluccio rigetta il ricorso dopo aver fatto tre cose contraddittorie,
antitetiche, antipodiche, ossimoriche rispetto al suo comportamento e alle sue
determinazioni assunte in precedenza: prima non voleva riunire le due cause e
poi si precipita a farlo; prima convoca le prove testimoniali e poi, il giorno
stesso in cui dovevano avere luogo, le revoca, non sentendo più alcun
testimone; prima rigetta l’eccezione del difetto di legittimazione passiva del
gruppo parlamentare di AN, sollevata in via preliminare dagli avvocati di
controparte, e poi la fa addirittura divenire motivo di sentenza (sic!).
Insomma, una vera e propria “inversione a u”, con la giudice Coluccio che si e’
letteralmente e incredibilmente rimangiata tutte le decisioni da ella stessa
assunte precedentemente.
Ma che significa “difetto
di legittimazione passiva” di un gruppo parlamentare? In pratica quando si
sciolgono le Camere il gruppo parlamentare cessa di esistere e con esso anche i
rapporti di lavoro da esso accesi e le relative obbligazioni.
Una tesi che sa tanto di
fiction strumentale, a uso e consumo dei gruppi parlamentari, che cosi’ possono
godere degli onori (ad esempio, i fondi pubblici passatigli dalle Camere anche
a Camere sciolte) e rifiutare gli oneri contratti con i lavoratori.
Del resto, Leonida e’ stato
assunto a tempo indeterminato a Camere sciolte, uno dei 16 CO.CO.CO. che gli e’
stato fatto attraversava due diverse legislature e comunque, anche a Camere
sciolte, il gruppo era pienamente operativo e operante, tanto è vero che Leonida
ha sempre lavorato per esso senza che nulla mutasse nella sua attivita’ di
addetto stampa presso l’ufficio stampa.
Inoltre, se passasse la
tesi-fiction strumentale del difetto di legittimazione passiva dei gruppi
parlamentari, si autorizzerebbe in pratica il far west all’interno degli
stessi, con ogni violazione di legge che verrebbe cancellata dal solo fatto
dello scioglimento delle Camere (sic!). Non dimentichiamo, poi, che, comunque,
i gruppi parlamentari hanno dei rappresentanti legali, che sono i presidenti,
coloro che agiscono in nome e per conto dei gruppi stessi e che quindi, per
legge, non possono non essere tenuti a rispondere e a pagare.
I coniugi Tucci hanno fatto
tutto quello che potevano fare, anche presentare un esposto al Consiglio
Superiore della Magistratura che ha trasferito la giudice Coluccio dalla Sezione
Lavoro all’area diritti immobiliari, ad occuparsi di terreni ed usucapione, di
bagatelle insomma, anziché della vita delle persone, dei lavoratori, dei padri
di famiglia! Quindi con un’evidente retrocessione, una sorta di riduzione del
danno, passata ovviamente sotto silenzio (https://www.facebook.com/notes/leonida-maria-tucci-il-coraggio-di-denunciare/la-giudice-salva-casta-punita-dal-csm-nel-silenzio-dei-grandi-media-di-regime/337623859593292).
Ora toccherà ai giudici
d’appello Amelia Torrice, Glauco Zaccardi e Tiziana Orrù rivedere il caso e
decidere se riformare radicalmente, ribaltare, rivoltare come un pedalino la
sentenza di primo grado, come i coniugi Tucci chiedono nell’appello. La prossima
udienza è prevista il 24 settembre 2013.
Per ottenere reale
giustizia dovranno attendere ancora molto i coniugi Tucci ma la battaglia più
importante sarà il recupero psicologico di Leonida. Il quale, sentenza
favorevole o no, difficilmente riuscirà a reintegrarsi in quel mondo lavorativo
di cui, a ragione, non si fida più.
Perche’ la verita’ e’ che
Leonida e’ stato trattato cosi’ e ha fatto questa fine perche’ ha lavorato
sempre tanto e bene. Perche’ non e’ mai stato un leccaculo ma uno che puntava
sul merito. Perche’ ha sempre rivendicato il rispetto dei suoi diritti di uomo
e di lavoratore, della sua dignita’ umana e professionale. Perche’ non ha mai
ceduto ai ricatti.
di Tommaso Moro
Eccellente articolo, qualcuno che denuncia questo schifo, finalmente, c'è. Un anonimo blogger fra tanti altri blogger, ma che aiuta. Grazie mille.
RispondiEliminaRodolfo Bevione
Ottimo, eccellente, questo sì che è un articolo, dal quale si capisce tutto quello che c'è da capire, senza infingimenti ed omissioni di sorta!!!!! Pane al pane e vino al vino!!!!! Bravi, vi voglio davvero fare i miei complimenti, sia all'autore, sia a chi ne ha ospitato il pezzo sul suo blog!!!!!
RispondiEliminaAdelaide Ferrari
Perfetto! Un articolo fatto molto bene che, per l'accuratezza con cui spiega i fatti, si sarebbe anche potuto intitolare, ad esempio, "ANATOMIA DI UN DELITTO AL SENATO E IN TRIBUNALE"! Voglio fare un grande plauso a chi l'ha scritto e a chi lo ha ospitato sul suo blog! Forse la gente con le palle, con gli attributi, non si è estinta del tutto!
RispondiEliminaClaudiano Placidi
Questo sì che è un articolo completo, esaustivo e privo di pavide omissioni!!!
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