I rifugiati sudanesi e il loro sogno di tornare a casa


"Sono pronto a mollare tutto e correre a casa a partecipare alla costruzione della nostra nazione," si entusiasma Victoria Mathew, 47 anni, il preside di una scuola elementare nel campo profughi di Kakuma. "Questo è sempre stato il mio sogno", dice Paul Manyok, un ufficiale del Sud del Sudan. Un punto di vista che accomuna molti ragazzi dei campi profughi.

Nonostante l'euforia e il sogno, si torna immediatamente alla realtà. Rientrare a casa, dopo anni vissuti da rifugiati, resta un compito arduo. La maggior parte dei cittadini sudanesi non sanno da dove cominciare, dopo aver perso i contatti con i loro parenti a casa. Alcuni sono orfani o vedove, mentre altri sono senza casa, dopo che le loro abitazioni sono state distrutte durante la guerra. "Io non so nemmeno dove sia la nostra casa, anche se mi è stato detto che abbiamo vissuto vicin o Juba", dice l'insegnante.

Hellena Nang'oko, 61 anni, è sicura che non si può tornare più indietro e bisogna guardare avanti. Ha perso il marito durante la guerra e successivamente anche i suoi due bambini a causa dela vita dura. "Ho abbandonato la nostra casa a Chukdum e sono fuggita in Kenya 15 anni fa", ha detto Nang'oko. "Non posso dire se la mia azienda è ancora lì. Se assistita posso rintracciare le mie radici e stabilirmi nel villaggio per riprendere la mia attività agricola", ha aggiunto.

I rifugiati hanno da sempre la speranza che il Governo e le ONG possano lavorare insieme per assicurare una vita migliore agli "eterni" rifugiati. L'esito del referendum sarà reso pubblico tra poche settimane e in quei giorni si potrà decidere l'avvenire di tutti.

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