Il laboratorio sperimentale di Antonio Taormina. Arte e cultura invocano la libertà


Antonio Taormina è un famoso artista pontino. Ha esposto numerosi quadri in mostre e eventi, prima della nascita del suo laboratorio sperimentale. Le sue opere hanno toccato il suolo di Roma, Napoli, Milano, Bologna, Pescara, Firenze, New York, Amsterdam, Insbruk, Monaco, Parigi, Lisbona, Madrid, Barcellona e tanti altri paesi del mondo. Nel momento in cui fu distrutto il ponte di Mostar, durante la barbara guerra "civile" in Yugoslavia, realizzò sei ponti di Roma in grandi dimensioni (dal Ponte delle Aquile a Ponte Garibaldi). Il cambiamento radicale inizia 12 anni fa, quando Taormina sente l'esigenza di uscire dai luoghi istituzionali per abbracciare la realtà della strada. Proprio questa lunga esperienza, ha permesso a Taormina di essere conosciuto e apprezzato da milioni di persone. 

Cosa significa fare il "laboratorio sperimentale in strada"? 
Ho sentito il bisogno di andare tra la gente, non come artista di strada, ma come artista che sceglie un percorso urbano, per incontrare la società. Senza incontrare un pubblico addomesticato, nei luoghi convenzionali. Ai politici e istituzioni, l'artista piace quando e' morto. Però, quando è vivo, lo preferiscono morto. L'artista, come disse papa Wojtyla, è santo, ed e' per sua natura un ribelle delle convenzioni sociali. E' obbligato a cercare la verità e la libertà. Invece, il vuoto legislativo lo vuole costringere alla maledetta burocrazia, che potrà essere giusta per altre categorie sociali ma non per un artista. Lo uccidono. 

Da circa 12 anni fa istallazioni a Latina. Purtroppo, lunedì 17 settembre è stato sgomberato dalla Polizia municipale della città. Secondo lei perchè è stata presa questa decisione, nonostante sia tutto in regola? Ha mai avuto problemi simili in passato? 
Vorrei precisare. Dodici anni fa, ho iniziato a creare degli eventi quotidiani, senza distribuire volantini e/o creare manifesti. Era una specie di Flash mob. Con questo metodo, arrivavano sempre i vigli. Mi informai presso le istituzioni, su cosa avrei dovuto fare per "mettermi in regola", parola che secondo me è inadatta per un artista. Per il suolo pubblico mi fu detto, che per come erano sistemate le mie opere, ovvero quadri appoggiati alla pareti, lasciando fluire liberamente lo spazio senza creare il minimo intralcio andava bene. La legge dice che da 1mq diventa occupazione. Per quanto riguarda il permesso, mi dissero che dovevo avvalermi di una norma (art 121 del t.u.lp.s.) prevista dalla nuova normativa, cosi m'iscrissi al comune. Da allora, quando si presentavano rilasciavo sempre questa documentazione (che per sua natura è vaga). In questo modo, salvo brevi e spiacevoli episodi tutto è filato liscio fino a qualche mese fa. Dopo l'episodio e il clamore iniziale, avrei dovuto chiamare il comandate dei Carabinieri e far verbalizzare il tutto, visto quanto recita la costituzione sull'arte. Ovvio, poi va interpretata e dipende da chi e' il comandante della stazione. In sostanza, non c'è rispetto per l'artista, siamo o costretti a vivere ai margini della società, esponendo in gallerie (salvo all'inaugurazione perchè ci sono amici parenti e giovani critici e artisti che con la loro presenza sperano di esporre anche essi) ma di fatto dal giorno dopo sono luoghi disertati dalla società civile. Lei forse sarà cosi avveduto da sapere come funziona il sistema dell'arte. Poniamo che io sia parente solo lontanamente dei due uomini più potenti d'Italia (De Benedetti o Berlusconi), non avrei avuto nessuna difficoltà ad esporre al Metropolitan o alla Biennale di Venezia. Avrei avuto cataloghi da centomila euro. Qualsiasi galleria prestigiosa mi avrebbe fatto esporre, per il semplice motivo che poi i miei familiari avrebbero potuto spender senza batter ciglio 400mila euro per una mia opera. Me ne accorsi quando nel 1984 andai a New York per far vedere le mie opere ai più importanti galleriti della città. Le mie tele, neanche volevano vedere. Avevano già i loro, vostri, artisti. 

Il preside di un liceo in segno di solidarietà l'ha invitata a istallare le sue opere all'interno dell'istituto scolastico. E' stata una bella esperienza entrare nel "mondo" dei giovani? Chi altro le è stato vicino in questi momenti? 
Il preside, prof Carmelo Palella del liceo scientifico Leonardo da vinci di Terracina, dopo l'articolo del quotidiano "Latina oggi", mi ha telefonato e ci siamo incontrati. Comunque, la mia esperienza nell'istituto non ha avuto ancora modo di iniziare. Posso dirle che il mio rapporto con i giovani è inevitabile. L'arte è entrata nella loro quotidianità, sono l'unica entità culturale costante e perenne assieme ai due musei della città che essi vivono. Solo che a differenza dei musei, essi vivono passando nel mio spazio, un dialogo quotidiano. Oltre al preside del Leonardo Da Vinci, mi sono state vicino le persone della citta' siano esse di destra che di sinistra e di centro. Persone in special modo giovani, mi considerano un istituzione della città. Sono nati e cresciuti assieme ai miei lavori. Latina però e' una citta' "disgregata" senza identità. Quindi, anche se diverse persone della citta' mi hanno contattato dicendomi che ci saranno delle lotte a mio sostegno, temo che non succedera' nulla, visto che per altre battaglie sociali, la citta' ha sempre dimostrato una certa passivita'. 

In mezzo alla crisi economica e alla decadenza dei valori culturali, cosa significa fare cultura nel 2012? Cosa la spinge a continuare a parlare alla gente attraverso le sue creature? 
Deve sapere che prima di me, la parola pontino, veniva usata solo per indicare le cose concrete del territorio (esempio: i pontini, la terra pontina, le carni pontine, l'agricoltura pontina etc), io ho iniziato a creare delle specie animali e vegetali come la zanzara pontina (famosissima in città) il gallo pontino, la mucca pontina spighe di grano pontino, la passiflora pontina, passeggiata pontina etc. Latina non ha un dialetto, è ancora un insieme multirazziale e culturale, dove napoletani, siciliani, friulani, veneti, emiliani, profughi dell'est, italotunisini, italolibbici sono in relazione dando vita a una interazione culturale linguistica complessa e difficile, ma che sta generando un linguaggio culturale nuovo, per questo ho chiamato il mio un laboratorio artisticoantropologicoculturale. Io registro e racconto il viaggio di una comunità. La sua trasformazione. Come riesce a dare una forma alla sua fantasia e a creare le suoe opere? Quale è il messaggio che vuole trasmettere? Ho "trovato" la teoria della pittura pontina, una pittura che per definirsi tale, deve partire dal genius loci di qsto territorio, l'omericità, viaggio e narrazione. Da sempre, dalla guerra di Troia, il territorio pontino è stato una terra di approdo di speranza per le comunita' colpite dalla maledetta guerra, vedi l'ulisse al circeo ed enea a nord di Latina, fino ai veneti che presi dalla fame, del veneto allora "ingrato", vennero in massa trovando terreni e casali. Oppure nel dopoguerra i profughi dell'istria e dalmazia. O ancora, come i miei genitori, dal fronte di guerra di Cassino e dalla guerra in Africa, fino agli anni piu' recenti dei profughi dell'est. Dopo l'omericita' la mia teoria pontina parla della natura e del parco nazionale. Il viaggio metamorfico della biologia. Racconto come la natura, anch' essa, sia in viaggio. Altro elemento importante e' la centrale nucleare, che ha influenzato fortemente il mio modo di guardare la realtà, il pontino osserva il tutto in modo diverso. Io quando guardo un albero vedo la sua composizione micro, le cellule, le molecole, l'atomo e cerco attraverso il viaggio nell'infinitamente piccolo, di immaginare strutture biologiche che magari la scienza scoprira ' tra 100 anni. Nei piccoli fiori della mia primavera, adotto una metodologia d'ingrandimento. A grandezza naturale sono di 10x10 cm, io li ingrandisco 100x100cm trovando ulteriori segni ingranditi e nuovi colori, fino al punto che sparisce la figura iconica del fiore mutando in una figura aniconica. In sostanza smetto di raccontare il fiore iconico per raccontare il viaggio dell'infinitamente piccolo dentro il cosmo del fiore. 

Quale è il suo rapporto con l’arte? E' stato amore eterno oppure la passione è nata con il tempo? Quando ha sentito il suo richiamo, sin da piccolo? Lei è stato sempre un artista a tempo pieno oppure all'inizio era un hobby, una valvola di sfogo? Diciamo che dall'eta' di ventanni e' diventato un lavoro quasi a tempo pieno, in quel periodo iniziai a lavorare sull'identita' pontina, l'epica della mia comunita', il problema del fascismo. Non ho mai pensato alla mia vita senza arte,magari senza una famiglia si, ma senza l'arte mi e' impossibile vivere. Disprezzo l'idea codarda dell'hobbysmo, l'unica cosa che non posso far a meno di stigmatizzare, fare magari i vigili urbani, avere una famiglia "borghese" e poi accampare diritti, alla medesima stregua di chi ha accettato di "portare la croce ", facendo solo questo nella vita, mentre invece ho sempre provato amore e stima e rispetto per tutti coloro che come me, anche quando avessero avuto un carattere insopportabile, avevano fatto la scelta totalizzante di fare l'artista come un frate decide il saio. Qual'è l'opera che dedicheresti a queste vicende? Ho sempre cercato di lavorare in positivo, raccontare le negativita' che vivo non mi e' congeniale, anche se poi comuque ne parlo attraverso un ricambio cromatico continuo. I miei quadri sono una ricerca di armonia cromatica partendo, dalla disarmonia per l'eterogeneita' delle culture del territorio (basti pensare al siciliano e veneto). 

Il dipinto che le ha dato più soddisfazione nella vita? Tra le mie opere, quella che amo di piu' e' la "primavera pontina",delle stesse dimensioni del capolavoro del Botticelli. Ho impiegato circa tre anni per l'esecuzione. 



Cosa vorrebbe dire al sindaco di Latina in questo momento? Non solo a lui, ma anche alle massime autorita' istituzionali nazionali. L'artista quando lo e' a tempo pieno ed e' sul suo territorio una figura di rilievo deve poter operare al di la' delle regole, o bisogna comunque partire dalla costituzione, dall' articolo 33. L'artista deve essere libero.Al di la' del burocraticismo,in Italia, paese che deve tutto, anche il suo benessere economico agli artisti, non esiste una legislazione che dia massima liberta' di esporre dove meglio credano (ovviamente rispettando il luogo dove essi vanno). Non so, forse per all'artista di strada potrà anche andar bene la legislazione attuale essendo egli piu' vicino all'artigiano(!?) che all'artista vero e proprio. Io che non faccio ritratti da 30minuti, io che non faccio vedute cittadine (di quelle che son tutte uguali a Milano come a Palermo), io che non ho mai questuato denaro in strada, devo essere lasciato in libertà di creare e raccontare la comunità che sto narrando da trentanni.

1 commento:

  1. L'arte non è nè promossa nè divulgata .... questa è la situazione attuale in quanto tutti gli organi preposti, tipo Assessori... tutto sanno dello sporta e spettacolo in piazza ma meno di zero sull'arte e sulla cultura. Finchè avremo queste persone (salvo rarissime eccezioni), responsabili .... non ci sarà futuro! Ma l'arte e la cultura italiana non è riconosciuta e invidiata da tutto il mondo?

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