Sgomberi forzati in Cambogia in nome del commercio mondiale

Al vertice di Cancun, nel settembre 2003, l’organizzazione del commercio mondiale WTO (World trade organization) ha autorizzato la Cambogia a far parte di questo sistema. L’organizzazione internazionale è stata creata il 1 gennaio del 1995, allo scopo di controllare gli accordi commerciali tra gli stati firmatari. Accordi che spesso creano problemi di sopravvento da parte delle multinazionali potenti sugli stati più fragili economicamente, creando una sorta di imperialismo. Infatti il WTO avendo la possibilità di influenzare le politiche interne degli stati, spinge le multinazionali più potenti e gestite dalle nazioni più sviluppate, a vessare sulle altre nazioni sfruttando la manodopera e distruggendo l’ambiente. Tradotto in termini semplici significa che il sistema WTO è basato sui profitti delle società più grandi dominando qualsiasi altro valore.

Già dalla sua mancanza di trasparenza e democrazia all’interno del sistema WTO rappresenta una grande falla del sistema. Il WTO può permettersi di chiamare a giudizio un paese che viola le regole del commercio internazionale stabilite dalla stessa organizzazione e le cause sono risolte da giurie di tre persone che lavorano a porte chiuse. Se un paese perde la causa ha tre possibilità: cambiare le proprie leggi per adeguarsi alle regole WTO, pagare delle compensazioni al paese vincente, oppure affrontare sanzioni commerciali.

Le condizioni per l’ingresso cambogiano al WTO sono state pesantissime: tagli delle tariffe doganali, apertura totale del loro mercato interno, rinuncia immediata all’utilizzo dei farmaci generici prodotti nel paese. Oggi, il maggior prodotto da esportazione è il riso, altri sono pesce, legna, capi di vestiario, calzature e gomma. Insomma, quasi tutto esce dalla Cambogia ed arriva in occidente. Le principali industrie tessili, vestiarie, calzaturiere, macinazione del riso, lavorazione del legno, produzione di gomma e minerarie sono gestite da multinazionali occidentali in quanto l’industrializzazione nel paese è ancora molto lontana. La maggior parte della popolazione risiede e lavora nelle aree rurali e dipende fortemente dal settore agricolo.

Nel 2008, Amnesty International ha dichiarato che in Cambogia ci sono stati 27 sgomberi forzati, coinvolgendo 23mila persone. Oggi, circa 150 mila cambogiani sono a rischio di sgombero forzato a seguito di dispute terriere, occupazione di terre, progetti di sviluppo agro-industriale e urbano. Alcune famiglie, secondo Amnesty International, hanno provato a fermare gli sgomberi attraverso una petizione popolare, ma è stata respinta dal tribunale municipale di Phnom Penh il 18 maggio 2009. Il 20 aprile, il comune di Phnom Penh aveva pubblicato l’ennesima notifica di sgombero alla comunità composta da circa 80 famiglie, dando loro 15 giorni per smantellare le loro abitazioni e andar via dalla zona. Ora le famiglie si trovano a rischio di sgombero forzato ed hanno reagito presentando due richieste al tribunale municipale ma quest’ultimo ha respinto la richiesta dichiarando che lo sgombero è nell’interesse pubblico e che l’area contesa è terreno di proprietà statale.

Onori Andrea
da Periodico Italiano
http://periodicoitaliano.info/2009/06/03/sgomberi-forzati-in-cambogia-in-nome-del-commercio-mondiale/

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