Tra convegni e parole vuote ci si dimentica che qualcuno muore ancora di fame

La Guinea-Bissau è un piccolissimo paese dell’Africa occidentale stravolto in passato da conflitti disumani ed oggi si trascina le conseguenze di quei disastri causati dall’avidità umana. Instabilità politica e difficoltà economica (circa la metà della popolazione vive con meno di 1,25 dollari statunitensi al giorno) è quello che troviamo oggi nel paese. La Guinea-Bissau risulta essere tra i 20 paesi più poveri del mondo.

Questa piccolissima terra africana, si dichiarò formalmente indipendente dal Portogallo nel 1974, sino ad allora lo stato europeo aveva sfruttato la terra e procurato schiavi per i suoi bisogni.
Fu, in seguito, governata da un consiglio rivoluzionario sino al 1984 e nel 1994 si tennero le prime elezioni multi-partitiche. Nel 1998 una sollevazione dell’esercito portò alla caduta del presidente Vieira ed il paese precipitò nella guerra civile. La fragile economia, basata perlopiù sull’agricoltura e sulla pesca è stata duramente danneggiata dalla guerra civile. Pur possedendo buone risorse come il petrolio, non vengono sfruttate a causa della mancanza di infrastrutture e di mezzi finanziari.

La distruzione delle infrastrutture sociali verificatasi durante questo periodo è stata seguita da una mancanza di investimenti nei settori pubblico e privato, che ha determinato un ulteriore decadimento delle poche infrastrutture rimaste ancora in piedi. I problemi del bilancio del governo sono spesso causa del mancato pagamento degli stipendi agli impiegati pubblici. Tutto ciò ha conseguenze particolarmente difficili per i gruppi più vulnerabili come i bambini, adolescenti e donne. La Guinea-Bissau ha gravi tassi di mortalità infantile e livelli molto bassi di accesso all’istruzione primaria. La nutrizione, l’acqua ed i servizi igienici sono carenti, quasi inesistenti e da maggio del 2008, il paese è afflitto da un’imponente epidemia, che al 2 novembre 2008 ha provocato un totale di 13.327 casi, tra cui ben 218 decessi (con un tasso di mortalità pari all’1,6%).

I politici possono attendere di conquistare terreno nei loro “affascinanti” meeting, ma i poveri non possono più aspettare questo lungo inverno che li opprime. Non si può più morire di fame, il dolore della miseria deve essere seriamente sconfitto senza slogan e senza etichette. Bisogna smettere di investire i soldi per le armi e ricerche nucleari ai danni dei poveri. Oggi non c’è ancora una forza globale che possa dare una scossa ai governi, l’immobilismo e l’individualismo avanza sempre più con prepotenza. Associazioni, sindacati, studenti, maestri e professori, operai, impiegati, insomma la società civile, è ancora nel bel mezzo del sonno per gridare che nel mondo ci sono ancora diritti fondamentali negati. Le scuole, gli stadi, i bar, le piazze, i centri sportivi, oggi non sono in grado di smuovere il sistema dato che nella maggior parte dei casi in questi luoghi non si parla di simili problematiche, ma di altri futili problemi a causa della carente informazione e dei i poteri forti che deviano e strumentalizzano la popolazione. La soluzione non è chiudersi in se stessi o in gruppi settari per distinguersi dal resto della popolazione, ma bisogna coinvolgere la gente nelle piazze e in tutti luoghi di riunione perché chi ha orecchie per ascoltare, ascolta eccome se la parola non è minacciosa.

Onori Andrea
http://periodicoitaliano.info/2009/06/30/tra-convegni-e-parole-vuote-ci-si-dimentica-che-qualcuno-muore-ancora-di-fame/

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