300 somali chiedono la libertà

Più di 300 immigrati somali sono in carcere nella città di Bengazi per il reato di clandestinità. Questi ragazzi soffrono per la mancanza di assistenza sanitaria e per le precarie condizioni di vita all’interno del centro di Kamfuda, lo hanno riferito nella giornata di ieri alcuni testimoni alla radio Shabelle. Secondo queste fonti, gli immigrati somali che provengono dalla Libia (260 uomini e 50 donne), sono in pessime condizioni ed ignorati dalle forze dell’ordine. Nella telefonata, i testimoni, hanno riferito che 4 donne hanno partorito all’interno del carcere e non hanno ottenuto nessun aiuto medico.

Mohudin Abdullahi Arig, uno dei detenuti nel carcere di Kamfuda, ha detto alla radio Shabelle che avevano contattato Omar Abdirashid Sharma'arke, ed aveva promesso loro che non avrebbe lasciato la Libia se tutti quanti non fossero stati rilasciati. Ma i detenuti sono ancora lì che aspettano.

Siccome da parte del governo somalo non c’è nessun impegno di tirar fuori dalle carceri libiche tutte quelle persone, i migranti, hanno deciso di effettuare lo sciopero della fame e della sete e chiedono a gran voce alla comunità internazionale la loro liberazione. Sono disposti anche a morire o tornare nel loro paese, in mezzo alla guerra, ma non vogliono restare nelle carceri libiche.

L’alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha da sempre espresso preoccupazione per la mancata protezione per rifugiati e richiedenti asilo, anche se il governo ha affermato che nessuno dei milioni che sperava di deportare erano rifugiati o richiedenti asilo.

Un giornale Somalo, “Banadir” in una nota ribadisce esplicitamente che i paesi sviluppati dovrebbero riconoscere le sofferenze dei somali e dovrebbero sapere che non c'è niente di male ad essere un rifugiato o un immigrato. L’articolo aggiunge che “dopo tutto erano rifugiati e immigrati quelli che hanno costruito il “Nuovo Mondo” con il loro sudore e sangue”.

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