Cie Ponte Galeria

Dove si trova: vicino agli edifici del Reparto Mobile di Polizia, sulla Via Portuense che collega Roma a Fiumicino (a Sud Ovest di Roma)
In funzione: Settembre 1999
Gestione: Croce Rossa Italiana
Capienza max: 300 posti (Fonte: www.interno.it)

L’inferno di Ponte Galeria (12 Agosto 2009)

E’ sempre tutto esaurito, stracolmo. Non è una sala del cinema dove si vedono sorrisi ed allegria, non è neanche una galera. E’ molto peggio. Un lager al centro d’Italia, nella capitale, “un posto farabutto, una discarica umana, dove ogni diritto è sospeso” disse Peppe Mariani, consigliere Regionale e presidente della Commissione Lavoro e politiche sociali del Lazio in un intervista a “Roma Today”, esprimendosi sul CIE di Ponte Galeria dopo una sua inaspettata visita dentro il centro. Sono affollati all’inverosimile, le famiglie vengono divise e le condizioni di vita sono difficili, troppo difficili per sopportare una vita simile.

Un sopralluogo a sorpresa in qualsiasi CIE d’ Italia, si potrebbe scoprire la zona di orrore, quella della disperazione e della violenza. Tutto ciò a pochi passi dal nostro vivere quotidiano. Qualcuno è scettico e non riesce a credere in ciò che si racconta dei CIE, qualcun altro è indifferente con un cuore di ghiaccio. Le autorità nascondono ciò che succede in quei posti orrendi, senza provare a dimostrare il contrario di ciò che si racconta, perché non ci sono prove per dimostrare l’efficienza dei centri.

Tutto finisce in un tombale silenzio. Nessuno vuole far sapere ciò che accade lì dentro, è troppo rischioso, è troppo disumano,”le parole non bastano per descriverla. Si tratta di una struttura vergognosa, tenuta malissimo, sporca, dove l’igiene non esiste, dove il fetore rende l’aria irrespirabile, dove manca l’acqua, dove le persone non vengono assistite da un punto di vista sanitario, dove persino il cibo è scarso. Strutture del genere non dovrebbero esistere in nessuna parte del mondo”, diceva Peppe Mariani.

E lì dentro, ci sono donne e uomini che non hanno mai commesso reati, sono in attesa di essere identificati e rispediti da dove sono scappati, per aver subito violenza fisica, economica e morale. Ora, queste persone potranno restare in quei lager fatiscenti anche fino a 18 mesi. Mi chiedo: che senso ha una struttura umanitaria come la Cri all’interno del Cie se poi di umanitario lì dentro non c’è niente? L’assistenza sanitaria è inesistente. La struttura per di più costa una barca di soldi, senza produrre niente per la società.” Ribadiva Peppe Mariani.

Spesso ci si sente dire che alcuni settori non sono consentiti neppure al Garante dei detenuti. Ma chi può entrare e cosa nascondono per non portare alla luce del sole i loro segreti? In quelle doppie file di sbarre alte oltre tre metri e dentro stanze come tane per orsi, fatiscenti, urlano gridano e piangono uomini privi della loro libertà. Chi varca quei cancelli non ha i diritti che spettano ai detenuti né la dignità che spetta a ogni essere umano.

Ponte Galeria è la sospensione della vita ed ogni detenuto deve sottostare alle regole dei loro carcerieri. “Man mano che giovani e meno giovani, nigeriani e bosniaci, rom e richiedenti asilo, tunisini e est europei ci si facevano incontro per parlare, raccontare, spiegare, chiedere, il funzionario di polizia Baldelli ha cominciato a spingerli, a intimare loro di farsi da parte, ci ha tolto di mano la penna con la quale stavamo prendendo appunti, ha preteso che gli consegnassimo il blocchetto, ci ha spinto verso l’uscita.” è il racconto di alcuni funzionari regionali in visita all’interno del CIE e riportato da Meltingpot.

Sempre questi ultimi raccontano che qualcuno si diverte su di loro, e non mancano toni deridentia un giovane che si lamentava di non poter nemmeno comperare un deodorante, Baldelli ha risposto, noi testimoni: Ma a cosa serve a te un deodorante?” racconta Meltingpot nella nota dal titolo “Lo sceriffo di Ponte Galeria”.

Le violenze all’interno dei CIE sono continue, testimoniate da tantissimi fatti di cronaca che raccontano storie raccapriccianti. Qualcuno non riesce a sopportare simili vessazioni e preferisce togliersi la vita piuttosto che consegnarla ogni giorno alle mani di un carceriere. Tutti ricordiamo il suicidio di Mabruka Mimuni, una donna tunisina di 49 anni che era in Italia da 20 anni. La donna il giorno prima alle sue compagne detenute rivelò: “Piuttosto che tornare nel mio Paese mi ammazzo. Mi vergogno troppo per quello che mi è successo”. Poi, di mattina, la scoperta del corpo senza vita. Si era ammazzata impiccandosi con una maglietta nel bagno della sua stanza.“Le condizioni esistenti all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione sono incompatibili con i diritti umani. Il suicido della ragazza tunisina conferma questa realtà che ho visto con i miei stessi occhi durante la visita al Cie di Ponte Galeria di qualche mese fa” commentò così la presidente della commissione Sicurezza e Legalità della Regione Lazio Luisa Laurelli.

Questo è stato uno dei tanti suicidi avvenuti all’interno dei CIE, molti di essi, a causa delle continue percosse che subiscono e della mancata libertà. Giovedì 25 Giugno l’ANSA riportava in una nota un pestaggio da parte delle forze dell’ordine nei confronti di quattro nigeriani, “ospiti” (così li chiamano) del Centro di identificazione ed espulsione. Questo fatto è stato raccontato da un giovane magrebino, anch’egli ospite del centro. I quattro nigeriani, dopo l’episodio, sono stati portati via ancora sanguinanti, senza sapere dove fossero stati trasportati.

Le sparizioni spesso sono denunciate dai migranti, il più delle volte rimangono inascoltate da chi può fare veramente qualcosa di concreto. Solo pochi giorni fa alcuni migranti reclusi nel CIE, hanno denunciato il pestaggio e la sparizione di un loro compagno, telefonando ad una radio, ma nessuna televisione di stato ne ha parlato, continuando a stare in silenzio per colpa di una politica faziosa ed arrogante.

Questi abusi dei diritti umani invece, dovrebbero essere da prima pagina e dovrebbero indignare ogni singolo cittadino. Il racconto è apparso nel web da martedì scorso, quando un gruppetto di algerini era stato appena trasferito nel CIE di Roma, da Bari. Tra di loro c’era anche un ragazzo gravemente malato di cuore, che durante la notte si lamentava e protestava. Alcuni carcerieri lo hanno portato in infermeria e poi nella cella di sicurezza senza procurargli i farmaci che doveva prendere ogni giorno. Nella cella di sicurezza, lo massacrano di botte per le sue continue lamentele. Durante la notte si sente malissimo, e il malato lascia il Centro a bordo di una ambulanza. La mattina dopo, i suoi amici, che stanno raccontando gli avvenimenti della notte, vengono raggruppati e portati via, in “isolamento” nel reparto delle donne.

Il CIE è divenuto un contenitore dove infilarci gli immigrati e tutti gli indesiderati, un perfetto lager del XXI secolo. Sporco, stracolmo e violento, senza che mai nessuno si sia degnato di aprire un fascicolo o di effettuare controlli seri e determinati. Chi esce fuori dal lager racconta che sono esperienze dure e rivelatrici, però senza nessuna sorpresa. Luigi Nieri in un articolo ha raccontato ciò che hanno visto i proprio occhi all’interno del CIE, “ un ragazzo brasiliano, nato a Roma, portato qui al compimento del 18° compleanno, che presto sarà spedito in Brasile, un Paese in cui non è mai stato. O quello di una donna maghrebina che, dopo aver scontato la sua pena a Rebibbia, ora è detenuta a Ponte Galeria. Ho visto, inoltre, un uomo anziano, in gravi condizioni di salute, sdraiato sul letto. Ogni volta per andare in bagno deve farsi aiutare da quattro persone. Non è questo il luogo in cui deve stare, questa struttura non è attrezzata a offrirgli adeguate cure mediche.


Qualcosa non funziona (5 settembre 2009)

A Ponte Galeria corre ogni 15 minuti il treno che da Orte porta all’interno della capitale, per poi proseguire verso Fiumicino Aeroporto. Una struttura costruita ad hoc vicino allo scalo di Fiumicino per spezzare i sogni di una vita. Non ci vuole nulla, bastano pochi chilometri e sei all’interno dell’aeroporto Leonardo Da Vinci. Da lì, la destinazione per i migranti espulsi è facile da capire: tornare nel luogo dove persecuzione e fame li ha costretti ad abbandonare le proprie famiglie.

Siamo nel centro disumano di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, vicino agli edifici del Reparto Mobile di Polizia, sulla Via Portuense che collega Roma a Fiumicino. Un luogo non vicino al centro della capitale ma ubicato nella periferia sud-ovest della città. Il centro è in funzione dal 1999 e la struttura secondo le fonti del ministero della difesa può contenere circa 300 posti. Il centro è spesso stracolmo e quando vengono fermati alcuni immigrati dalle forze dell’ordine, vengono trasferiti direttamente nelle carceri.

A pochi passi dal lager c’è un centro commerciale “Parco Leonardo” nato nei primi anni ’90. Una grande “città” che si estende per 160 ettari di terra dove all’interno ci si possono trovare strutture commerciali, per il tempo libero, intrattenimento, servizi, scuole, alberghi, uffici, parchi e piazze. All’interno del centro commerciale tantissime persone si divertono a fare shopping e passeggiate e in occasione delle grandi feste nazionali il parco si colora e si accende l’allegria tra la gente.

A pochi passi dall’allegria delle persone, c’è il cento crudele, visto come una semplice normalità da moltissime persone indifferenti. Molti, addirittura non sanno nemmeno che esiste una simile struttura. All’interno del centro c’è disperazione e dolore, troppo dolore che affligge i migranti rinchiusi dentro sbarre altissime ed insuperabili. Sbarre che non sono solamente di ferro, ma esistono anche barriere indifferenti della gente comune che passa di lì senza chiedersi neanche il perché. In mezzo ai migranti troviamo un forte dispiegamento di forze dell’ordine: ci sono carabinieri, guardia di finanza, vigili locali, militari e polizia. E proprio nel mese scorso, si sono aggiunte altre forze secondo Augusto Santori, consigliere Pdl del Municipio XV intervistato dall’agenzia Adnkronos. ”Accogliamo positivamente l’assegnazione di 115 nuovi militari per la Capitale e la volontà del Prefetto di dislocarli in parte a sorveglianza del Cie di Ponte Galeria”. aveva detto Santori.

Ma c’è di più, il consigliere chiedeva più legalità e sicurezza per la città di Roma e per questo motivo: ”accelerare i rimpatri dei detenuti ospitati presso il Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria”. Accelerare i rimpatri e non cercare soluzioni alternative alla repressione e alla disumanità dei centri di identificazione ed espulsione. All’interno del Cie c’è disperazione, molti usano l’autolesionismo e il suicidio per non essere rimpatriati ed altri fanno continuamente scioperi della fame che restano inascoltati. Proprio ieri, un gruppo di migranti, per disperazione e stanchezza, dopo giorni di sciopero, hanno ceduto, la disperazione a volte è molto più accentuata della forza e della speranza. Secondo quanto riporta “Macerie” ieri, tre prigionieri si sono tagliati le braccia e le mani di fronte alle telecamere di sorveglianza, riempiendo le gabbie di sangue per protestare contro la repressione quotidiana.

[11 Settembre 2009] Miguel è un uomo peruviano, partito 20 anni fa dal suo Paese con la speranza di trovare un futuro migliore. Il sudamericano viene internato nel Cie dove, prima di essere espulso tenta il suicidio e racconta la sua terribile esperienza. [Storia][Lettera dopo l'espulsione]

[22 Settembre 2009] Jonny è un ragazzo albanese di 32 anni che stufo di quella brutale detenzione preferisce farsi sbattere fuori dall'Italia riconquistando la sua libertà. Nel cie "sono dimagrito 7 kg. Qui non si vive, fa tutto schifo. Si mangia male e poco. Sempre riso e pasta. I pomodori puzzano, gli Hamburger anche. Tutto il cibo puzza, chissà cosa ci fanno mangiare.”

[1 ottobre 2009] Il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni ieri, 30 settembre, scriveva che “da tre giorni 114 immigrati del Cie di Ponte Galeria sono in sciopero della fame per protestate contro le norme anti immigrazione del governo, soprattutto quella che prevede l’allungamento a sei mesi della permanenza nei Centri di clandestini.” Marroni dichiara che all’interno del centro ci sono 242 persone, 129 uomini e 113 donne.

Angela Bernardini ex operatrice del cie di P.Galeria ci racconta le atrocita che ha visto con i suoi occhi all'interno delle gabbie [IL SUO RACCONTO]

[26 febbraio 2010] Cambio gestione Cie. Da lunedì primo marzo, gli operatori della Croce Rossa usciranno dal Cie di Ponte Galeria. Il Centro di identificazione ed espulsione alle porte di Roma avrà un nuovo ente gestore. CORSERA La CRI sarebbe stata mandata via “per l’incompletezza della documentazione presentata, pur avendo presentato un ricorso di cui si attende ancora l’esito” dice Fortress Europe.

[29 ottobre 2010] Isabella Rauti, moglie del sindaco -sceriffo di Roma, Gianni Alemanno,visita il Cie di Ponte Galeria “Il Cie deve essere chiuso. I reclusi vivono peggio che in carcere”. (da "Libero Roma" di venerdì 29 ottobre 2010 Il Cie deve essere chiuso)

[17 novembre 2010] Rapporto MEDU. "Disumano, inefficiente, inutile"I Medici per i Diritti Umani lanciano l'allarme sulle condizioni delle persone rinchiuse in una delle 12 strutture per immigrati nel territorio nazionale.[Leggi]

[1 marzo 2011] Kate Omoregbe al Cie. La donna, nigeriana, ha finito di scontare una condanna a quattro anni per spaccio di droga nel carcere di Castrovillari, in provincia di Cosenza. Era fuggita da suo Paese 20 anni fa per sottrarsi alle violenze dell'uomo a cui era promessa. Ora non può tornare perché rischia la lapidazione [Leggi]

[19 giugno 2011] Rivolta nel Cie. Protesta partita nel settore maschile e avrebbe coinvolto circa 70 immigrati [Leggi]

[25 Luglio 2011] Picchiata giovane tunisina. Le foto mostrano evidenti segni di percosse, secondo la ragazza gli autori della tortura sarebbero le forze dell'ordine che nel tentativo di separare una lite, i carcerieri hanno alzato i manganelli. [Guarda]

[28 luglio 2011] Tutti i corpi armati presenti, trenta telecamere, un regolamento che nega ogni attività (anche leggere libri), la permanenza prolungata a un anno e mezzo. Un trattamento riservato a chi non ha documenti o non è stato identificato. Un "monumento alla violazione della Costituzione", secondo Furio Colombo. [Leggi]

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