L’incredibile vicenda di Marco De Santis

Nonostante due vertebre rotte e l’invalidità, Marco De Santis, ha l’obbligo di recarsi a Gussago (10 km dalla sua abitazione) per continuare l’obbligo di firma presso la stazione dei Carabinieri. L’uomo, nato nel gennaio del 1963 e residente ad Ospitaletto, ha avuto una vicenda spiacevole con alcuni carabinieri del posto.

Ha vissuto e continua a vivere in funzione di quella brutta storia. Impossibile da dimenticare visto che ancora oggi ne paga le conseguenza. Uno dei tanti casi di insuccesso di tutte le istituzioni italiane e di una società malata, violenta e individualista. Marco è invalido e ciò che gli è successo gli ha distrutto la vita. Lo ha portato alla depressone, allo sciopero della fame e ha tentato anche a farla finita per sempre. “ Ero un uomo onesto, padre di tre figli. I carabinieri di Ospitaletto mi hanno trasformato in un criminale” dice Marco.

Marco è sposato da 23 anni. La lunga e triste vicenda inizia la sera del 25 febbraio 2009, durante una “normale lite con mia moglie.” Quest’ultima, dopo il bisticcio, sbatte la porta ed esce di casa. “Io non l’avevo neanche sfiorata con un dito. Era una normale lite tra moglie e marito” precisa Marco. Dopo 10 minuti arrivano i Carabinieri di Ospitaletto che lo invitavano a seguirlo in caserma dato che il Maresciallo, da più di qualche tempo, voleva parlare con lui. Esce tranquillamente da casa, accompagnato dalla madre e da due carabinieri.

La caserma è vicinissima. Basta attraversare la strada. Un carabiniere “mi spinge con violenza per terra” e come nei film polizieschi, con la faccia sull’asfalto e il ginocchio del carabiniere sulla schiena, viene ammanettato. “Non mi spiego ancora oggi il perché di questa scena da film in mezzo alla strada con le macchine che si fermavano e la gente che guardava” racconta marco.

Questo è solo l’inizio. La storia non finisce qui. Quello che Marco denuncia, come un fiume in piena, è davvero assurdo. Come hanno raccontato molte persone, che hanno avuto a che fare con alcuni agenti che abusano del loro potere, non possono non esserci le botte e maltrattamenti. Sono abusi dei diritti umani, secondo le leggi internazionali. Sono torture inaccettabili per la convenzione internazionale firmata anche dall’Italia. Marco viene portato nell’anticamera e lì “in cinque o sei carabinieri hanno iniziato un pestaggio pazzesco. Calci, pugni e manganelli.

Solo dopo una decina di minuti Marco si rialzava stordito. Insanguinato, viene portato immediatamente all’ospedale Sant’Anna. “In auto mentre mi accompagnarono in Ospedale mi consigliavano di non dire quello che era veramente accaduto” narra Marco. Doveva restare muto e sopportare. Al pronto Soccorso disse che era caduto dalle scale e per questo motivo, una volta usciti dall’ospedale, i carabinieri si complimentarono con Lui.

Dopo vari giri tra le caserme di Ospitaletto e di Gussago, “mi hanno rimesso in macchina e a sirene accese e di corsa mi hanno portato nel carcere di Cantomondello. Mi hanno consegnato ad un agente della Polizia Penitenziaria che continuava a spingermi e darmi calci e pugni da dietro.”

Dopo tre giorni viene convocato da un Giudice e, dopo aver raccontato la sua storia, Marco viene riportato in carcere, in attesa di trovare un posto dove poter scontare la pena agli arresti domiciliari. Trascorre due mesi a Brescia, presso la casa di suo fratello. “Dolori fisici a parte, quelli morali sono peggio. Ancora oggi non riesco a capire il perché sono stato ridotto in quel modo. Ma soprattutto cosa ho fatto per essere pestato a sangue?”

Uscito dagli arresti domiciliari, il giudice impediva a Marco di tornare a vivere dalla sua famiglia che lo attendeva. “Ho dovuto trovare un appartamento, con tutte le spese che comporta, da un’altra parte” dice marco.

Una gioro decide di fare un giro con la macchina ad Ospitaletto, dove c’è la sua vita. “Avevo chiesto per telefono a mio figlio maggiore, di trovarmi una cosa che mi serviva, mentre io attendevo sotto casa.” Quando Marco sta per ripartire, viene fermato da due carabinieri. I soliti, quelli del pestaggio. “Io ero in regola al 100 % ma, appena il Carabiniere si è avvicinato alla mia auto, mi ha detto che io ad Ospitaletto non dovevo più tornare.” Con un fare minaccioso gli disse: “ Vieni in caserma che ti finiamo di rovinare noi”.

Questa volta, all’interno della caserma, non c’è stata violenza fisica. Non lo hanno toccato. Ma hanno ferito la sua sensibilità, come ferisce la nostra ascoltando questo racconto. “Invalido di merda, non vali un cazzo , sei un invalido fallito , e adesso ti diamo il colpo finale” queste sono alcune umiliazioni che racconta di aver subito Marco.

Prima di essere raggiunto dalle forze dell’ordine, Marco guidava con la cintura. Ma secondo i carabinieri non è così. Aveva le due mani nel volante. Secondo gli agenti aveva il telefonino in mano. Per finire, Marco ha fatto anche la prova del palloncino. “Ho sentito il profumo di qualcosa di alcolico” all’interno, “gli ho solo chiesto a cosa serviva l’alcol messo lì dentro. Il risultato era scontato” La risposta? “ Ci serve per toglierti la patente, così non ci rompi più i coglioni”.Così, ha subito anche il ritiro della patente per un lungo periodo.

“Non mi sono mai sentito così umiliato nella vita”. Si è sentito tradito dalle forze dell’ordine, coloro che dovrebbero proteggere la nostra sicurezza e la sicurezza di Marco. “Piangendo come un bambino, ferito a morte, sono ritornato a casa.”

Marco ha chiesto aiuto a molte persone. Sino ad ora, nessuno gli ha dato ascolto. Chiede solo giustizia. Spera che queste cose non succedano mai più. Marco è portatore di diritti fondamentali come tutti noi e non può subire un abuso di potere. “In questi anni ho avuto tanto a che fare con carabinieri educati e corretti. Perché quelli di Ospitaletto sono particolari?” Succede che più di qualche mela marcia, abusa del più debole e indifeso. Ma poi, china il capo ai grandi boss mafiosi per paura di subire ciò che ha subito Marco.

Onori Andrea

NEWS:
La mattina di Mercoledì scorso, 9 dicembre, Marco si è confrontato con i sei carabinieri in tribunale. Proprio quei carabinieri che lo avrebbero picchiato e violentato psicologicamente. Entra tranquillo nel tribunale di Brescia e arriva a conoscenza, tramite il suo avvocato, che il PM gli aveva proposto una pena di 1 anno e otto mesi, con sospensione immediata. In poche parole, Marco, oggi sarebbe libero dai tribunali e dalla violenza psicologica che riceve ogni giorno.

Mentre il giudice inizia a parlare, Marco si alza e rivolgendosi verso di lui, dichiara:“Io non patteggio.” Senza pensarci neanche per un solo minuto, ha rifiutato un accordo che gli avrebbe dato la libertà. L’avvocato è sbalordito. E più stordito di lui, è il giudice di marco che risponde: “Ma così rinuncia alla sospensione della pena, se poi verrà condannato torna in carcere?”.

Fermo sulle sue posizioni, racconta di aver riferito al giudice: “Non devo essere io a scontare la pena. Io sono innocente sono colpevoli quei criminali. Loro devono pagare, non io”. Marco se avrebbe accettato, tutto sarebbe finito, ma “verrebbe tutto insabbiato come è abitudine in Italia. Ora le cose sono cambiate. Io forse rischierò di tornare dentro e subire un nuovo pestaggio, ma ho sentito il dovere di farlo anche a nome di chi è stato ucciso e non può più dire come sono andate le cose. Non so se riuscirò a fare Giustizia, ma posso dire che Marco ci ha provato e non si è arreso.”

Ci tiene a far sapere che non tutti i carabinieri sono così. “Voglio far capire che io non sto facendo la guerra a tutta l’arma dei Carabinieri, anche perché, per mia fortuna ho conosciuti tanti carabinieri dopo il fattaccio. Mi hanno aiutato e sono state persone veramente corrette ed educate. Quelli che mi hanno pestato, sono pazzi esaltati che hanno approfittato di un invalido che senza stampelle non si regge in piedi”.

4 gennaio 2010: Marco riceve l’ennesimo“pizzino” intimidatorio. Dopo “La tua vita è finita”, “ricordati che hai tre figli”, ieri arriva l’ennesimo bigliettino con scritto “Guardati alle spalle, sei un morto che cammina”. Intanto si avvicina il processo dell’11 gennaio…

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