Zimbabwe: una vera scuola per i bambini di Mashayamvura

7 aprile 2010

Chiunque visiti la scuola primaria nel distretto di Zivakwe Chikomba, in Mashayamvura (Repubblica dello Zimbabwe), si accorgerà che la struttura può essere benissimo scambiata per uno squallido campo profughi. Quasi 139 alunni siedono su panche fatiscenti costruite con il fango e gli insegnanti in piedi di fronte ai bambini, per quanto sia possibile, impartiscono le lezioni.
“La scuola è stata allestita nel 2003 per consentire ai bambini, figli di agricoltori e provenienti da vari angoli del Paese, di continuare gli studi. Ci sono cinque villaggi che formano il nostro bacino di utenza e le famiglie di questi villaggi hanno appezzamenti di sei ettari ciascuno” dice in un’intervista ad una radio locale Wellington Ziya, il direttore della scuola.
Queste scuole costruite per dare un futuro migliore ai bambini sono molto lontane dai desideri iniziali. Le stanze sono dotate di fori e non da finestre, c’è una circolazione limitata di aria fresca che lascia un forte odore di chiuso. “I posti – dice ancora il direttore Ziya – sono solo cumuli di terra ed è molto difficile passare intere ore seduti. I bambini siedono lì dalla mattina fino al tardo pomeriggio, tornano a casa stanchissimi. Sembra che siano andati a lavorare nei campi.”
Qualcosa deve essere fatto per questi bambini e, in una riunione tra genitori e docenti, si è presa la decisione di costruire nuove strutture. Un famoso detto locale dice: “Mwari anobatsira vanozvibatsira” (Dio aiuta coloro che si aiutano). Così, i genitori, si sono mobilitati per innalzare un’altra struttura, più dignitosa, per queste piccole creature desiderose di avere vera scuola.
Invece di inviare sempre chiamate di soccorso al governo e di aspettare tempi burocratici e prese in giro, la popolazione si è rimboccata le maniche per dare un aiuto concreto al futuro dei loro figli. Dove lo Stato e la comunità internazionale non arriva o non vuole arrivare, per motivi economici e politici, la forza collettiva di chi non ha nulla da perdere, ma tutto da acquistare, è forte e solidale, dura da sconfiggere.
Ogni villaggio ha portato 5mila mattoni che sono stati utilizzati per la costruzione di una nuova scuola e, sino dall’inizio del progetto, i genitori (che lavorano in stretta collaborazione con quattro insegnanti dell’istituto) hanno iniziato a vendere il mais per acquistare il cemento e pagare la manodopera. Ciò costituisce una differenza importante rispetto alla tendenza in base alla quale, per anni, la maggior parte delle istituzioni e dei privati hanno speculato, spogliato e denutrito il continente africano. La dipendenza dalle ingerenze esterne è sempre stata una ricetta sbagliata e di rallentamento nello sviluppo della terra africana, negli ultimi decenni.
Il blocco in costruzione dispone di due aule e un ufficio, poi si proseguirà con la costruzione di un altro la cui fondazione è in procinto di essere deposta. L’aiuto arriva dalla vera scuola che costruisce un futuro e forse anche una clinica. Con la soluzione al problema delle aule a portata di mano, la prossima sfida più grande dell’istituzione scuolastica è quella di portare strutture per svolgere esami di Stato. Ad oggi non esiste un centro d’esame e i bambini sono costretti a viaggiare a Nhakayedu, in una scuola secondaria a circa 16 chilometri di distanza.
I bambini, quando saranno grandi, sapranno chi ringraziare e apriranno altri progetti più innovativi
Andrea Onori

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