La nuova ESA di Marcon in fiamme

Il 27 giugno 2012, la nuova ESA di Marcon è andata in fiamme. Dalle prime informazioni si presume che il materiale bruciato sia prevalentemente costituito da materiale cartaceo e da rifiuti da raccolta differenziata, segnalata anche la presenza di rifiuti presumibilmente contenenti dello zolfo. A poche decine di metri si trovavano capannoni pieni di rifiuti chimici molto più pericolosi, anche residui di rifiuti industriali vecchi di più di vent’anni provenienti dalla zona di Porto Marghera. Il comune di Marcon, ORDINA (a scopo precauzionale, ma ORDINA) il divieto di consumo dei prodotti della terra e l'utilizzo delle acque dei fossati e /o canali limitrofi. Tutto tornerà nel silenzio più assordante, mentre continueremo a respirare sporcizia in eterno e a morire per colpa di qualcuno che vuole guadagnare sui rifiuti.


Da NUOVA VENEZIA:

Sulla vicenda della Nuova Esa di Marcon (VE) nessuno degli amministratori di ogni ordine e grado potrà dire «Non sapevo». Da sempre infatti le famiglie della zona lamentano malesseri, denunciano fuoriuscite, odori acri che mozzano il respiro e fanno lacrimare gli occhi. La Nuova Esa Srl era di proprietà della famiglia Marchesin, amministratore delegato Paola Marchesin, di Casale sul Sile, poi legale rappresentante diventò Gianni Giommi, un milanese settantenne e ufficialmente nullatenente. Una storia iniziata nel 1989 quando la Feroil (poi Nuova Esa) chiede di stoccare provvisoriamente rifiuti nell'ex fornace di Marcon, vicino all'oasi naturalistica della Lipu, area ad alto rischio idraulico e prossima ai centri abitati. E' il primo passo per farne un impianto per il trattamento di rifiuti tossici e nocivi provenienti da mezza Italia. Il Comune di Marcon dice no ma nel novembre 1990 la Regione autorizza. E da oltre 13 anni si sa che la Nuova Esa è una bomba a orologeria. Sin dal 28 gennaio 1999 quando alle 9.45 del mattino una nube di sostanze nocive fuoriuscì dall’impianto oscurando il cielo di Marcon e causando malori fino a Treviso. Vennero posti i sigilli, mentre la popolazione protestava con l’allora presidente della Provincia, Luigino Busatto, accusato di aver concesso l’autorizzazione all’impianto nonostante tutti i pareri contrari. Sigilli tolti grazie al ricorso dei legali l’anno successivo, nonostante fossero spuntati i fusti della nave “Jolly rosso”. Il sostituto procuratore Luca Ramacci avviò un’inchiesta sul traffico di rifiuti tossici sviluppati in tutta Italia da Nuova Esa e Servizi Costieri di Marghera. Un’altra indagine partì nel gennaio 2003 dopo che alcuni bidoni di “fanghi” si rivelarono in realtà contenitori di “tossico nocivi”, cioè veleno. In quei giorni, il 28 gennaio 2003, si sviluppò un nuovo incendio, come quest’ultimo di plastica e materiale vario, secondo l’azienda l’innesco fu di origine dolosa. Il rapporto Arpav portò alla luce che l’impianto non era sorvegliato. Ma il blitz a questo punto era nell’aria e l’8 marzo 2004 i carabinieri del Nucleo operativo ecologico arrestarono 11 persone, tra cui Francesco Marchesini e, quattro mesi più tardi, Gianni Giommi. L’accusa era di aver trasformato i veleni in fertilizzanti. Secondo gli investigatori la Nuova Esa avrebbe piazzato illecitamente 20 milioni di chili di rifiuti velenosi in tutta Italia, inquinando inoltre irrimediabilmente Marcon, Paese, Mogliano e Roncade. Al processo vi furono condanne per 13 anni. Ma i veleni sono ancora lì in attesa del prossimo rogo. Le ordinanze del Comune di Marcon: http://www.comune.marcon.ve.it/

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