Abbandonate alle violenze e alla morte

Quante volte abbiamo sentito per televisione donne incinte che giungono al porto di Lampedusa oppure affondano negli abissi del Mar Mediterraneo. E quante volte ci siamo chiesti “ma perché decidono di partire dal loro paese rischiando la vita con il bambino in grembo attraversando l’incubo del Sahara e le intemperie del Mar Mediterraneo?”. Una domanda, che la maggior parte delle volte, contiene una risposta molto disumana ed alquanto raccapricciante. Ad ogni passaggio di frontiera, ad ogni luogo, durante il tragitto a piedi o con mezzi di fortuna, molte donne vengono ripetutamente violentate e picchiate da ribelli, militari, contadini disorientati. Legittimati e moltiplicati da una guerra in atto e perché molte volte questi brutali crimini restano impuniti. Non è un colore della pelle che esegue questa macabra azione contro le donne, non è una cultura diversa dall’altra che fa rendere più o meno crudeli, non è una questione di nazionalità, il problema è universale. Umiliate, schiaffeggiate, accoltellate, stuprate e addirittura uccise, questa è una piaga che raccoglie l’intera umanità. Lo stupro e la violenza sessuale sono sempre più spesso utilizzati come arma da guerra. E se ci sono guerre, i diritti delle donne vengono violati in continuazione e la ferita dilaga in modo smisurato

Come ad esempio succede ad un terzo delle donne fuggite dalla regione occidentale del Sudan, il Darfur che portano addosso i segni dello stupro o comunque denunciano di aver subito violenza sessuale da parte delle milizie Janjaweed o da parte dei contadini nei pressi del campo profughi del Ciad di Farchad. Queste atroci verità sono state denunciate dai medici dei campi riuniti nell’organizzazione non governativa ‘”Medici per i diritti umani”, dopo aver visitato lo scorso novembre alcune donne individuate con il passa parola o in seguito a denunce dei responsabili del campo.

I decenni di guerra civile hanno avuto conseguenze pesantissime su tutta la popolazione sudanesedove l’82% della popolazione vive in estrema povertà e 4 milioni di profughi sono fuggiti nei paesi esteri. Chi ha subito, e subisce continue violazioni dei diritti umani sono in maggioranza le donne ed i bambini. Questi ultimi reclutati dagli eserciti oppure violentati,picchiati, uccisi, come le loro madri. Atrocità che non vedono nessuna fine. Oltretutto la sanità e la popolazione sta combattendo con il virus dell’AIDS e la spaventosa diffusione di malaria e tubercolosi. Nel settembre 2004 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) valutò che fossero morte 50.000 persone in Darfur dall’inizio del conflitto, in un periodo cioè di 18 mesi, la maggior parte delle quali per fame e malattie. In un rapporto dell’aprile 2005, l’analisi statistica più esauriente fino a quel momento, la Coalizione per la Giustizia Internazionale, ha stimato che in Darfur siano morte 400.000 persone dall’inizio del conflitto.

Secondo alcune organizzazioni non governative gli armamenti che contribuiscono ad accentuare la fame, la morte, il dolore e le conseguenze delle ripetute violenze sulle donne, provengono, la maggior parte delle volte, dal mondo ricco. Iran, Cina, Russia, Bielorussia e alcune società lituane, ucraine e inglesi sarebbero tra i principali fornitori di armi del governo sudanese, mentre Stati Uniti, Israele ed Eritrea appoggiano fazioni di ribelli. Ma di questi problemi universali si parla molto dando qualche accenno sui numeri del conflitto. Da uno studio condotto da Medici senza Frontiere è emerso che in Italia nel 2005 è stata dedicata solo un’ora all’informazione sul conflitto in Darfur.

Onori Andrea
da Periodico Italiano
http://periodicoitaliano.info/2009/06/01/abbandonate-alle-violenze-e-alla-morte/

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