Cap Anamur, Salvare la vita umana è un dovere e mai un reato

Questa triste storia sembra avere una fine. Bierdel, Schmdt e Dachkevitce, accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, sono stati assolti da questa lunga ed estenuante vicenda. “Questa sentenza è importante per tutti quelli che fanno del bene” ha detto Schmdt.

Il 20 giugno del 2004 la nave tedesca Cap Anamur soccorreva in acque internazionali 37 cittadini africani che stavano per affondare in mezzo al mar mediterraneo. L’Italia inizialmente rifiutò di soccorrerli rimbalzando le accuse al governo Maltese. La diatriba tra i due paesi sulla questione immigrazione non è certamente nuova.

Dopo 21 giorni di trattative lunghe e riservate fu concesso l’attracco nelle acque nazionali e lo sbarco nel territorio italiano dei migranti a porto Empedocle. Dopo lo sbarco il comandante della nave Schmdt fu arrestato con l’incriminazione di aver agevolato l’ingresso irregolare dei migranti.

I 37 migranti furono condotti al CPT di Agrigento poi a Caltanissetta. Il 20 luglio, il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, dichiarava che “per tutti e 37 gli africani la Commissione per i rifugiati del Viminale ha respinto le richieste di asilo, ma mentre per i 22 che sono rimasti in Sicilia c'è la possibilità di un permesso di soggiorno temporaneo in attesa che si chiarisca la loro posizione, per i 14 che sono stati trasferiti a Roma, allo stato attuale, c'è solo l'espulsione. A meno di pronunce contrarie da parte dei giudici”. Successivamente si scoprì che l’espulsione era per tutti, senza la possibilità di un legittimo riesame della domanda.

Solo uno dei naufraghi della Cap Anamur è rimasto in Italia, per un intervento tempestivo della Corte Europea dei Diritti Umani, grazie ad un ricorso giunto troppo tardi per gli altri naufraghi già rimpatriati. Diverse testimonianze confermarono che i rimpatri dall'aeroporto di Fiumicino avvennero in modo violento, ammanettando i cittadini africani e sottoponendoli a percosse in risposta a una loro resistenza alle forze dell'ordine.


Onori Andrea

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