Gli Hmong espulsi dalla Thailandia

Nei confini tra la Cina, Thailandia ed Laos, in mezzo alle montagne, vivono gli Hmong. Un gruppo etnico che da millenni cerca di sopravvivere in un fazzoletto di terra, tra le potenze nazionali che schiacciano la loro cultura millenaria. Gli Hmong hanno un’origine che va molto indietro nel tempo. Le prime tracce della loro cultura possono essere trovate grazie alle storie da loro tramandate oralmente e ai rituali funebri. Secondo il censimento del 2000, il numero di Hmong in Cina sarebbero circa 9.6 milioni mentre, fuori dal territorio cinese vivrebbero 8 milioni di persone di lingua Hmoung.
Medici senza frontiere lavora da quattro anni nel campo di Huai Nam Khao in una regione della Thailandia settentrionale ed ora è costretta ad abbandonare il campo e l’attività di assistenza per le forti restrizioni del governo Thailandese. Inoltre l’organizzazione denuncia la forte pressione da parte dell’esercito tailandese per rimpatriare in Laos 5mila rifugiati Hmong che vivevano in quel campo profughi da anni. In una nota di medici senza frontiere si legge che “lo scorso marzo i governi del Laos e della Thailandia hanno riconfermato di voler rimpatriare in Laos, entro la fine dell’anno, tutti i Hmong, senza alcuna supervisione esterna. Da dicembre 2008 il numero dei rifugiati rimpatriati è aumentato (500 a marzo).” Negli ultimi mesi per avviare più velocemente le pratiche di espulsione l’esercito tailandese ha introdotto forti misure repressive eliminando la possibilità di fornire assistenza umanitaria ai rifugiati. Usano questa politica per spingerli ad un rimpatrio “volontario”. Ma i Hmong hanno disobbedito e successivamente sono partiti arresti arbitrari e rimpatri forzati senza rispettare i diritti internazionali. Alla luce di questa situazione medici senza frontiere si è ritirata dal campo. “Non possiamo più operare in un campo dove l’esercito arresta in maniera arbitraria i leader influenti per spingere i rifugiati a rientrare “volontariamente” in Laos e costringe i pazienti a subire controlli militari per accedere ai nostri ambulatori”, sostiene Gilles Isard, capo missione di MSF in Tailandia.

Ma perché molti Hmong oggi sono rifugiati in Thailandia? La risposta la possiamo trovare tra gli anni ’50 e ‘60 quando molti di loro vennero addestrati e utilizzati dai francesi contro i nazionalisti e i comunisti vietnamiti. Successivamente fu la volta fu la volta degli americani, che li impegarono contro il Pathet lao, la guerriglia comunista del Laos. Finita la guerra il governo del Laos respingeva gli Hmong e molti di essi si stanziarono in Thailandia. Gruppi isolati e disperati si nascondono ancora oggi nella giungla.
I problemi arrivarono anche durante gli anni ’90 quando le Nazioni Unite, con il supporto dell’amministrazione di Bill Clinton, cominciarono a forzare il ritorno di molti rifugiati Hmong all’interno del Laos. La decisione fu molto controversa, in quanto molti Hmong dichiaravano di essere perseguitati dal governo del Laos. La pressione delle associazioni umanitarie e di molti governi sull’amministarzione Clinton fu molto dura. Alla fine gli Hmong dal governo statunitense ebbero il consenso per trasferirsi in altri paesi. Molti di loro scelsero proprio gli U.S.A. Oggi vivono negli Stati Uniti circa 270mila Hmong, la minoranza etnica più povera degli stati uniti.
Molti invece vivono in Thailandia con lo status di rifugiati e non intendono tornare in Laos.

1 commento:

  1. Ciao Andrea,
    non so quando hai scritto questo articolo, ma questo mi fa molto piacere. Da quando ho scoperto la loro triste storia, mi sono appassionata a tal punto da voler fare la tesi su di loro (studio sociologia a Trento). Inoltre collaboro con una piccola associazione onlus italiana che da anni è in prima linea nel sud-est asiatico e sviluppa interventi umanitari mirati alle minoranze etniche. A gennaio ho scritto un articolo, sui risvolti della triste vicenda dei Hmong:
    http://www.ilbarbieredellasera.com/article.php?sid=17357
    Quest'anno torneremo in Thailandia e Laos e tenteremo di sapere di più sul loro atroce destino.
    Grazie per tutto,
    Barbara

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