L’indifferenza che fa morire nel mar mediterraneo

Ieri mattina cinque migranti eritrei, in pessime condizioni, sono stati soccorsi al largo di Lampedusa da una motovedetta della Guardia di Finanza. Gli immigrati hanno raccontato ai soccorritori che sono partiti dalle coste libiche in 78. Sono rimasti in mare per 20 giorni a causa dell’esaurimento carburante e durante questi giorni, 73 persone sarebbero decedute anche a causa dell’indifferenza generale. La Guardia di Finanza sta cercando riscontri a questo racconto che viene comunque ritenuto “compatibile” sia con lo stato di salute dei cinque superstiti, trovati in condizioni pietose, sia con la capienza dell’imbarcazione. Secondo quanto si apprende da fonti del Viminale, dai perlustramenti navali e aerei fatti nei giorni scorsi nel canale di Sicilia non sarebbero stati avvistati cadaveri: gli unici sono i quattro recuperati da Malta.

Un giovane eritreo, Habeton di 17 anni, sopravvissuto a 20 giorni di mare, ha raccontato a Save the children di essere partito il 28 luglio da Tripoli, a bordo di un barcone con altre 77 persone a bordo, per lo più eritree e in minima parte etiopi. Dopo 6 giorni di viaggio però erano terminati cibo, acqua, benzina e i cellulari erano ormai scarichi. A questo punto molte persone sono iniziate a sentirsi male e poi a morire e man mano che morivano venivano gettate in mare.
Nel corso del drammatico viaggio sono state almeno 10 le imbarcazioni incrociate nel mar mediterraneo, racconta l’Eritreo. A loro è stato chiesto inutilmente un aiuto. Solo nei giorni scorsi i superstiti hanno incrociato un pescatore che ha dato loro acqua e cibo.“E’ inaccettabile l’indifferenza crescente nei confronti dei migranti, anche in situazione di evidente gravità. E’ fondamentale che principi quale quello del soccorso a migranti che rischiano la vita, in mare, tornino ad essere rispettati”, commenta Carlotta Bellini, Responsabile di Save the Children Italia.

”Sembrava un fantasma: il corpo era ridotto a uno scheletro, gli occhi persi nel vuoto. Mi ha ricordato Fatima, la ragazza somala che raccogliemmo da un barcone convinti che ormai fosse morta”. E' il racconto fatto ai cronisti da uno degli operatori umanitari del centro di accoglienza che in mattinata hanno assistito l’unica donna eritrea sbarcata a Lampedusa con gli altri quattro connazionali.

Dura condanna per l’indifferenza e l’omissione di soccorso nei confronti dei migranti alla deriva nel Mediterraneo è venuta anche da Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati che dice: “E' allarmante che per oltre 20 giorni queste persone abbiano vagato nel Mediterraneo senza che nessuna imbarcazione le abbia soccorse. Un triste primato che preoccupa enormemente. Come se stesse prevalendo la paura di aiutare sul dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare. Come se fosse passato il messaggio che chi arriva via mare sia una sorta di ‘vuoto a perdere'". L’adozione di politiche alquanto inefficaci e di una xenofobia dilagante porta anche all’indifferenza per la morte di 73 esseri umani indifesi. L’Italia resta a guardare così come tutta la comunità europea che non collabora e resta nell’indifferenza totale.

Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati ha detto che “Dopo il primo respingimento dello scorso maggio, il numero di sbarchi è drasticamente diminuito, ma l’Italia ha detto a metà luglio alla Commissione europea che non avrebbe più fatto respingimenti e ciò non è vero perchè ci risulta che nella prima parte di agosto ne siano stati fatti altri. Ce l’hanno comunicato i migranti stessi respinti in Libia, dove siamo presenti in un centro per immigrati”.

Indifferenza dell’ Europa e di molta stampa si è vista anche nel bagno di sangue di migranti a Benghazi (Libia) dove almeno 20 rifugiato Somali sarebbero stati uccisi dalla polizia nella prima settimana di agosto. Sei di loro sarebbero morti accoltellati e più di 50 feriti dalla polizia libica al momento della fuga dai centri di espulsione di Ganfuda. I feriti sono rimasti in cella ancora sanguinanti, hanno tagli alle gambe, sulle braccia, sulla testa. Questo è il racconto fatto da un testimone telefonicamente a Fortress Europe.

Il testimone racconta che nel centro “ ci sono persone ammalate di scabbia, dermatiti e malattie respiratorie. Dal carcere si esce soltanto con la corruzione, ma i poliziotti chiedono 1.000 dollari a testa. Nelle celle di cinque metri per sei sono rinchiuse fino a 60 persone, tenute a pane e acqua, e quotidianamente sottoposte a umiliazioni e vessazioni da parte della polizia. La tensione è tale che il gruppo dei detenuti somali decide di tentare l’evasione.”

Onori Andrea

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