Maria chiede giustizia per suo figlio Manuel

Le forze dello stato dovrebbe proteggere la società civile. Dovremmo avere la sicurezza di sentire garantiti i nostri diritti fondamentali, ma qualcuno non adempie al suo dovere e si lascia brutalmente coinvolgere a botte, umiliazioni, ferite e omicidi gratuitamente. Il violento, avido e vile a volte è proprio chi rappresenta lo stato, colui che dovrebbe proteggere i nostri diritti fondamentali. Invece, sembra che qualcuno, provi una profonda avversione verso la società civile, a tal punto di umiliarla fino alla morte.

Qualcuno vuole essere il giustiziere della situazione, si sente un gigante con un distintivo appeso al petto e spesso si dimentica che anch’esso è un semplice uomo. Come possiamo tollerare che gente violenta possa garantire i nostri diritti? Come possiamo rimanere in silenzio di fronte a tutto questo? Sicuramente non bisogna generalizzare, ma dobbiamo anche dire che ci sono elementi violenti che vengono reclutati dalle forze dello stato. A volte, qualche individuo più scalmanato, si nasconde dietro la divisa per giocare con i corpi degli altri.


Possiamo citare un’infinità di casi di violenze dall’inizio della repubblica italiana ad oggi, mi limito a ricordare solamente gli ultimi sconcertanti episodi di Federico Aldrovandi, Gabriele Sandri e Stefano Cucchi. Quest’anno sono già 147 i detenuti che hanno perso la vita dietro in prigione, più del 2008 (142), più del 2007 (123) e del 2006 (134).Ciò che succede dentro le carceri spesso non viene neanche raccontato alla popolazione. I detenuti, se incontrano carcerieri violenti, devono subire umiliazioni e percosse. E’ un dato di fatto. Sembra assurdo, eppure in questo secolo, la repressione psicologica e fisica è molto più forte e prepotente di qualche anno fa.


Esci da casa la sera per smaltire la repressione quotidiana e non torni più dalla mamma. Inizi a subire le violenze dalle forze dell’ordine ed infine muori in cella. E’ ciò che è successo a Manuel Eliantonio. La notte del 23 dicembre del 2007 è iniziata la sua lunga agonia quando una macchina con a bordo cinque ragazzi, uno dei quali Manuel, viene fermata dalla polizia stradale in un autogrill della A6 Torino- Savona. Manuel non aveva la patente e con una scusa (”devo fare la pipì”) tentò la fuga. E’ stato l’unico a reagire al fermo e a fuggire. Ma la sua fuga durò molto poco. Fu portato in carcere per resistenza a pubblico ufficiale. All’interno della caserma secondo i racconti, i ragazzi furono schiaffeggiati e spintonati. La mamma fu impossibilitata a vedere suo figlio che era stato pertato al carcere di Savona. “Nessuna pietà. Non mi fu concesso di vederlo e di consegnargli gli abiti. Fino al 26 12 2007 niente vestiti e niente avvocato.Niente mamma fino a gennaio 2008″ dice la mamma.

Da quel momento inizia il calvario di Manuel Eliantonio un ragazzo di 22 anni, originario di Piossaco. Dopo essere stato condannato a 5 mesi e 10 giorni, morirà suicida, il 25/07/2008, secondo gli atti ufficiali. Ad avvertire la madre è stata una telefonata alle 9:23: “Ho una brutta notizia da darle suo figlio è deceduto” gli veniva detto dal carcere. Sul blog la mamma racconta la telefonata: “cosa gli avete fatto?”. La risposta del comandante del carcere: “ma no signora cosa dice….è stato un incidente”. Ucciso, dicevano al Marassi, dal gas butano respirato da una bomboletta di gas da campeggio. Suicidio? “Forse un incidente”, lasciavano intendere dalla casa circondariale di Genova, come se fosse una cosa normale che un ragazzo di 22 anni si suicidasse senza nessun motivo apparente.

Ma a contraddire gli atti ufficiali sono i segni della violenza sul volto di Manuel che la mamma ha visto dopo il decesso nell’obitorio del San Martino a Genova: “è nero, gonfio, insanguinato”. Lividi, percosse e tracce di sangue non possono far intendere ad un semplice suicidio, c’è qualcosa di più, qualcosa che qualcuno, ancora una volta, nasconde.

Manuel aveva scritto una lettera, pubblicata da Maria su internet, dove denunciava gli abusi e le violenze. “Mi ammazzano di botte almeno una volta a settimana ora ho solo un occhio nero, mi riempiono di psicofarmaci e mi ricattano con le lettere e le domandine che faccio” scrisse prima di incontrare la morte.

Ho conosciuto la mamma di Manuel qualche giorno fa ed ho visto una donna forte che non vuole assolutamente arrendersi, ma desidera andare fino in fondo. Maria fa quel che può, per portare a conoscenza la vicenda di Manuel. Ha aperto blog e gruppi Facebook per non restare nel silenzio più assordante. “Mi batterò per te fino al mio ultimo respiro per l’agonia lunga, lenta, a cui sei stato costretto fino alla morte” giura Maria.

Un ragazzo non può sopportare tutte quelle botte che ha descritto nella lettera e che la mamma ha visto con i propri occhi nell’obitorio. Se davvero fosse stato suicidio, perché tutti quei lividi e tutto quel sangue nel volto di Manuel?

Il sistema carcerario italiano “non è giustizia, è incivilta”, “tortura quotidiana di ammasso di corpi in scatole blindate” chi lo dice è il quotidiano cattolico “Avvenire” che denuncia il sistema carcerario e chiede una” profonda riflessione” sul modo di amministrare la giustizia. Il rischio è “che la pena sia afflittiva e vendicativa” conclude il quotidiano.

Onori Andrea
P.S. la Mamma di Manuel porta avanti la sua battaglia anche quì sul web, per portare a conoscenza la storia di Manuel e per far crescere l’indignazione degli italiani.
http://www.facebook.com/home.php#/profile.php?id=1690524277&ref=ts

NEWS:
28 novembre 2009: Uomini di serie A e di serie B? Martedì 15 dicembre 2009, nel tribunale di Genova alle ore 11:00, ci sarà la prima udienza per Manuel Eliantonio, morto nel carcere di Marassi il 25 luglio del 2008. Sono stati troppi i mesi di silenzio: “Come hanno potuto cercare di archiviare senza darmene comunicazione. Come non vengono prese in considerazione le mie fondate denunce. Come hanno atteso 16 mesi, che saranno quasi 17 mesi al 15 dicembre 2009”, mi racconta Maria. Aggiungendo: “Mi auguro che vogliano procedere alla riesumazione e a perseguire chi ha ridotto in quel modo Manuel. Con l’avvocato d’ufficio non si ha diritto? ”. Forse, se Maria era figlia, parente o nipote, di qualche “pezzo grosso”, di un giornalista “show – man”, di un politico, aveva già risolto il suo caso.

Andrea Onori

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