Ramona e i suoi bambini in prigione a cielo aperto


Questa storia non è italiana, proviene dalla vicina Svizzera. Ho conosciuto la storia, o meglio, l’incubo di Ramona qualche anno fa. Ed ora, i problemi non sono finiti. Più passa il tempo e più sembrano aumentare. La storia di Ramona e dei suoi bambini è lunghissima ed è tutta basata sulla speranza di trovare una sicurezza e una felicità mai avuta.

Tutto quanto ha inizio un pomeriggio in un parco giochi dove Ramona portava sua figlia a giocare.
“Eravamo come sempre un gruppo di amiche – racconta Ramona – ma quella volta si aggiunse anche un uomo”. Tutto inizia da lì, quando conobbe un ragazzo di origine marocchina. Il 16 agosto del 1999, si sposarono davanti al municipio di Bellinzona “visto che a Lugano avevano rifiutato di compiere il matrimonio fra una cittadina svizzera e un cittadino marocchino”.

Il loro matrimonio non è stato rosa e fiori, anzi, i problemi coniugali iniziarono sin da subito. Poi, la mancanza di soldi aggravava sempre di più la situazione familiare. Due giorni prima del matrimonio, Ramona, però scopre di essere incinta. Sembra ristabilita la calma, ma tutto ora diventa più difficile. Il 5 febbraio 2004 scoprì di essere di nuovo incinta “Ho nascosto la gravidanza. Successivamente scoprì che la bimba era malata e che sarebbe stato opportuno abortire”. La mattina dell’intervento Ramona si è recata da sola in ospedale “e senza il sostegno di lui, che mi avrebbe dato forza”.

Verso la fine di agosto, il marito di Ramona sparì senza dire nulla. “Per 10 giorni – racconta Ramona - ho pianto ininterrottamente, non sapevo che cosa le fosse successo. Pensavo a qualcosa di male, anche perchè non avevamo litigato”. Poi, la polizia è riuscì a trovarlo e da lì è iniziato tutto un percorso infernale per Ramona“. Avevo perso molti chili ma alla fine mi ero arresa e non potevo più riaverlo”. All’inizio era solo un periodo di incredulità, poi, dopo un po’ di tempo sono apparsi i primi segnali di difficoltà, “non riuscivo a credere che lui era scomparso nel nulla senza nessun apparente motivo”. Ramona contatta la psicologa, la Dr ssa F.Bianchi, per aiutare la sua piccola.

La bambina si trovava bene a scuola, la Bertaccio, “era una scuola stupenda, con dei maestri stupendi. La maestra di mia figlia, la Sig.ra D.Scopazzini, era stupenda e meravigliosa”. Dopo che ha avuto a scuola la sua bambina, scopre che sarebbe stata la maestra anche del suo bambino. Purtroppo arrivò la notizia che nella scuola, una classe, doveva chiudere per mancanza di iscrizioni. “La maestra fu spostata in un’altra scuola e alla scuola dei miei bambini venne un’altra”. La classe di mio figlio non era così facile da gestire, ma la Scopazzini ci riusciva meglio di nessun altro, “Io credo che alla fine con mobbing e cattiveria sono riusciti a strappare la maestra dalla nostra classe”.

Da questo momento è “l’inizio della fine, per mio figlio e per me”. Il piccolo bambino, dopo che il papà era scappato, ha iniziato a manifestare i primi segni di debolezza e di difficoltà a scuola. Per questo motivo, “ho portato anche lui dalla Psicologa, la Dr.ssa Blasera”.

A scuola, con la nuova maestra, i bimbi iniziavano ad essere più irrequieti e “si mettevano tutti contro tutti. Non la accettavano”. In classe succedeva di tutto e non era facile trattare bambini irrequieti. “Mio figlio per mesi, mesi e mesi ha ricevuto insulti dalla peggior sorte da parte di altri bambini”. Poi, un giorno, stufo degli atti di razzismo perpetrati dai bambini, che ovviamente imparavano dai “grandi” e in famiglia, il bimbo di Ramona rispose alle provocazioni e alle botte “che tuttavia ancora oggi riceve”. Da allora il suo bambino è stato giudicato dai grandi come cattivo e violento. Il bambino di Ramona dopo aver subito ancora una volta, prende una scopa e la lancia addosso ad un suo compagno di scuola. Le conseguenze di questo gesto sono “ terribili e ancora non sono finite”. Dopo quello che era successo, prima delle vacanze estive del 2009, Ramona viene invitata a parlare con il direttore della scuola, A.Foglia.

“Sono stata attaccata e aggredita. Mi viene detto che io praticamente sarei una mamma debole e incapace”. Il figlio di Ramona viene etichettato, come spesso si fa oggi, come un piccolo bullo da isolare. “Se sarebbe successo ancora qualcosa, sarebbe stato buttato fuori”. All’inizio dell’anno scolastico 2009 –2010, i bimbi riprendono l’attività scolastica e succede che il figlio di Ramona litiga con un suo compagno si scuola. “Il direttore di conseguenza, e senza che io fossi stata avvisata, ha chiamato le autorità”. Il pretore, dopo necessarie analisi e colloqui, ha ordinato una perizia genitoriale.

Ramona frequenta uno psicoterapeuta, incaricato della perizia. Nel secondo appuntamento “sono stata aggredita verbalmente e per poco non mi metteva le mani addosso. Il risultato della perizia mostrò che “ io dovevo essere la cattiva, e il papà che si ripresenta dopo 5 anni era il buono”. Ovviamente, ciò voleva dire che il bambino doveva essere tirato via dalla mamma, ma “alla fine sono riuscita a convincerli”.

Lo stesso pretore decise che “mio figlio doveva essere esternato. In poche parole, durante il giorno, non doveva stare in casa, ma rientrava solo per dormire.” A questo compito doveva occuparsi una collaboratrice del servizio sociale. “ con lei stiamo cercando di far cambiar scuola al bambino”. A quanto pare però, non è così facile. Molte scuole lo rifiutano. “ Non ce la faccio più, stanno sfinendo me e il mio bambino” dice Ramona. E’ un anno che questa storia tira ad andare avanti, secondo la donna, a suo figlio, “ non gli permettono di fare niente: ne religione, ne ginnastica. Nella settimana verde, non è stato portato con la classe e ha pianto tantissimo”.

Ramona è disperata e non sa più cosa fare e a chi rivolgersi. “ Ho paura di perdere mio figlio per colpa del direttore della scuola”. Ramona ha provato a parlare con i direttori di altre scuole, ma “la possibilità che mio figlio possa cambiare sono poche.” L’unica cosa possibile, dice Ramona, “sono le scuole private, ma non ho soldi per permettermele”. Lei è convinta che questa situazione si è creata perché “mio figlio è di origine marocchina e io sono della svizzera tedesca”.

Il 25 luglio Ramona torna con i suoi figli da una vacanza in Marocco. Appena messo piede in Svizzera, “ mi sono ritrovata in un mare di guai. Peggio di cosi non mi può andare”. Ramona è partita con i suoi bambini “senza sapere che non dovevo partire e adesso vogliono darmi la colpa. Devo giustificare sempre tutto nella mia vita”. Ramona sembra reclusa, ogni suo movimento deve essere controllato, “anche se io, in fine dei conti, non ho fatto nulla di male”.

Ramona è partita portando in vacanza i suoi figli, per cercare di fargli cambiare quell’aria viziata che continuamente respirano. Cerca di proteggerli e di staccare da quel clima insopportabile. “Abbiamo fatto 5 settimane in mezzo al popolo marocchino, ho visto di tutto e di più, ma la vita semplice è bella. Se era per me non tornavo nemmeno qui. Non mi sento più a casa in Svizzera”.

Dopo quella splendida esperienza Ramona, torna di nuovo nella vita difficile della ricca Svizzera ed è di nuovo nei guai. “La sera prima di partire per la vacanza, ho ricevuto una lettera dal pretore e diceva che non dovevo partire. Non era una raccomandata, ma una semplice lettera. Io, nel casino per fare le valigie, non sono andata a vedere la posta di sabato”. Così la lettera è rimasta per giorni nella cassetta della posta.

Ramona è ormai esausta e non riesce a capire neanche più il suo avvocato “mi dice che devo pure consegnare i passaporti di tutti noi. Ma dove siamo? Mi sento imprigionata nel mio paese e non ho fatto niente. I passaporti non li consegno”. Il pretore è ormai convinto di ritirare il passaporto di Ramona, “io ho negato la consegna dicendo che ho bisogno di girare un po’ con loro ora che ci sono le vacanze e i bimbi si vogliono divertire. Io non ne posso più.Sono stufa di questo Paese”. Ramona continua a chiedersi “se la causa di tutto ciò sono le origini marocchine di mio figlio e io che non sono ticinese”.

Andrea Onori

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