RDC, un conflitto interminabile

La Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire dal 1977, è popolata da circa 10.000 anni. Nel XV secolo i portoghesi entrarono in contatto con questo grande e potente Regno del Congo. L’impero sopravvisse al contatto con gli europei per diversi secoli. La fine, fu formalizzata dalla Conferenza di Berlino del 1884-1885, in cui la regione venne conferita al re del Belgio Leopoldo II.
Henry Morton Stanley nel 1881, fondò Léopoldville in onore del sovrano belga. Prima dell’indipendenza, Léopoldville era costituita da due parti distinte: la parte europea e quella africana, chiamata Quartier Indigène. Nel 1960 il Congo ottenne l’indipendenza e nel 1965 Léopoldville venne rinominata Kinshasa, oggi è la capitale e la maggiore città (7.500.000 abitanti) della Repubblica Democratica del Congo.
In questi anni comparvero spinte autonimistiche feroci. Si manifestavano principalmente nel bacino minerario della provincia di Katanga. Nella questione interna, si inserirono Urss e Stati uniti, tentando di accaparrarsi l’alleanza congolese. In questi giochi di potere, emerse il colonnello Mobutu, che fece arrestare e condannare a morte il presidente del Congo, Lumumba. In poco tempo, Mobutu riuscì a raggiungere il potere assoluto e nel 1965 inaugurò un regime lunghissimo, contraddistinto da un forte culto della personalità e da ambizioni in politica estera. Nel 1971 lo Stato venne rinominato Zaire.
La Prima guerra del Congo (1996 – 1997) e la ripresa ( 1998 – 2003)
A causa delle spinte esterne e della fine della guerra fredda, nel 1990 Mobutu si rassegnò ad accettare la presenza di un Parlamento multipartitico e a condividere il potere con il presidente del Parlamento. Tutto ciò non risolse la crisi ma, le forze ribelli (coalizzate con l’Uganda, Ruanda e l’angola) attaccarono il presidente Mobutu, appoggiato dal Burundi. Nel 1996 le sue forze furono sottomesse dai ribelli e Mobutu fuggì in Marocco per poi morire nel 1997. Il Generale Kabila vittorioso nella guerra civile, si proclamò Presidente assoluto e cambiò di nuovo il nome della nazione in Repubblica democratica del Congo.
Questa guerra preannunciò il secondo conflitto iniziato il 2 agosto del 1998, quando i ribelli Tutsi (alleati dagli eserciti del Rwanda e Burundi) attaccarono il presidente Kabila, soccorso dall’Angola, Nambia e Zimbabwe. Combattevano eserciti regolari e ribelli per il controllo dei giacimenti di diamanti e oro. Il 13 agosto, i ribelli occuparono la centrale idroelettrica di Inga, il porto di Matadi e il centro diamantifero di Kisangani. Il conflitto finiva e il Congo veniva diviso in una parte orientale controllata dai ribelli e una occidentale in mano alle truppe di Kabila, poi successe al figlio Joseph Kabila.
Secondo i dati forniti dagli organi internazionali nel 2008, la guerra ha causato, circa 5,4 milioni di morti, milioni di profughi e richiedenti asilo. Da molti storici e dai mass media, questo secondo conflitto è stato visto come una guerra modiale africana.

La Repubblica Democratica del Congo oggi:
La Repubblica Democratica del Congo continua a vivere in un clima instabile. Se da una parte la zona occidentale del paese non è più teatro di scontri e manifestazioni violente, nelle province orientali persiste la presenza di bande armate, di milizie non governative, di ex-militari e di gruppi tribali, i quali effettuano incursioni e razzie con conseguenti massacri di civili. Si calcola che la crisi che affligge la Repubblica Democratica del Congo uccida 38.000 persone ogni mese, 4.000.000 dall’inizio del conflitto.
Nell’autunno del 2008 sono riesplosi gli scontri tra l’esercito regolare (FARDC) e i ribelli tutsi filo-rwandesi, scontri che hanno provocato oltre 250.000 sfollati nel Nord Kivu e nelle province confinanti. Il 25 novembre 2008 l'Osservatorio per i Diritti Umani HRW accusava il governo di Joseph Kabila di aver soppresso deliberatamente più di 500 oppositori politici dal 2006.
Nel gennaio del 2009 le parti in lotta hanno improvvisamente trovato un accordo ma nonostante ciò, la situazione resta molto tesa. Chi subisce, come sempre, sono gli individui più fragili e la loro vulnerabilità li rende facili prede di gruppi violenti. ”Se si guarda alla situazione umanitaria nella Repubblica democratica del Congo, tutte le vittime (di conflitti, malattia, problemi di salute, povertà estrema), il numero di persone che muoiono ogni sei mesi, è equivalente al numero delle vittime dello tsunami in Asia”, ha detto Guterres, dell’Unhcr.
Dei 60 milioni di cittadini, circa 45 milioni vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre un bambino su sette muore prima del quinto compleanno e ogni giorno circa 100 madri congolesi muoiono di parto. Con la crisi economica mondiale che colpisce maggiormente i paesi in via di sviluppo, oggi 45 milioni di persone vivono con meno di 50 pence al giorno.
Un numero crescente di attacchi sferrati dal gruppo di ribelli ugandesi, meglio noto come Lord’s Resistance Army (LRA – Esercito di resistenza del Signore), costringe ogni mese i civili congolesi ad abbandonare le proprie case. E proprio nel vasto paese a luglio del 2009, l’LRA ha lanciato 55 attacchi senza precedenti contro i civili nella regione di Faradje, circa 100 km ad ovest dal confine con il Sudan meridionale e l’Uganda. Sono stati presi di mira villaggi del distretto di Dungu nel territorio di Haut-Uele. Dal settembre del 2007 l’LRA ha ucciso 1.273 persone e rapito 655 bambini e 1.427 adulti.
L’ Esercito di Resistenza del Signore, costituito nel 1987, è un gruppo ribelle di guerriglia di matrice cristiana, che opera principalmente nel nord dell'Uganda ed in alcune parti del Sudan. Il gruppo è guidato da Joseph Kony, che si proclama il "portavoce" di Dio e medium dello Spirito Santo. Il gruppo afferma di voler istituire uno stato teocratico sulla base dei Dieci Comandamenti e della tradizione. L'LRA ed i suoi dirigenti sono stati accusati dal Tribunale Penale Internazionale di aver attuato numerose violazioni dei diritti umani, compresi omicidi, rapimenti, mutilazioni, riduzione in schiavitù sessuale di donne e bambini, ed il costringere i bambini a partecipare alle ostilità.

sfollati
Ogni giorno, sono centinaia di migliaia i civili sfollati. Goma, città orientale della RDC, è l’epicentro di una delle più grandi crisi del mondo per quanto riguarda lo spostamento dei rifugiati, l’Unhcr, ha osservato che circa 2 milioni di persone sono state sfollate nel paese e condanna l’indifferenza della comunità internazionale per non intervenire nell’immediatezza.
Nonostante un accordo di cessate il fuoco, le lotte violente si susseguono con regolarità e i civili continuano a soffrire sempre di più. Secondo le statistiche dell’Onu, circa 1,4 milioni di persone, nella Repubblica democratica del Congo sono rifugiati interni, in fuga e in cerca di sicurezza. Il 68 % degli sfollati ( pari a circa 847mila persone), sono sparse in queste aree della provincia del Nord Kivu. “Quando gli attacchi raggiungono zone vicine ai villaggi o ai campi, le persone scappano nella foresta. Per esempio la settimana scorsa, la popolazione di Bikenge, nel distretto di Walikale, ha abbandonato il villaggio ed è rimasta alcuni giorni nella foresta, vivendo in condizioni terribili” ha raccontato in una nota Romain Gitenet, capo missione di medici senza frontiere a Goma.
Attacchi, violenze e imboscate continuano ad essere all'ordine del giorno nei villaggi e sulle strade nel Kivu. Le vittime sono al collasso: subiscono estorsioni e vengono derubate del cibo e dei propri beni, alcuni vengono arruolati e molti altri subiscono violenze sessuali. Solo nella prima metà del 2009, gli operatori di Medici Senza Frontiere hanno assistito 2.800 vittime di violenza sessuale.
In questa vasta regione quasi un abitante su quattro è in fuga, spesso dopo aver perso tutto ciò che possedeva. In maggioranza gli sfollati sono donne e bambini, alcuni dei quali rimasti separati dalle famiglie nel caos della fuga. L'insicurezza e il clima di violenza sono tali da spingere migliaia di famiglie ad abbandonare anche i campi profughi in cui vivevano da anni, per andare a cercare rifugio nei centri urbani, a cominciare da Goma, capitale della regione oppure cercano rifugio in altri paesi dove vengono spesso respinti e ricondotti all’inferno di Kivu.

Movimenti e affari
Il territorio della Repubblica del Congo, è caratterizzato da una fascia costiera pianeggiante. Procedendo verso l’interno si incontrano prima delle alture e in seguito una vasta zona di altopiani ricoperti di foresta tropicali. Il fiume Congo, che attraversa il paese, è il primo al mondo per portata d’acqua. Queste ricchezze, secondo una recente ricerca sul campo condotta da associazioni congolesi, potrebbero essere in serio pericolo.

Le associazioni denunciano una serie di progetti dell’ENI che rischiano di avere impatti devastanti sull’ambiente e le popolazioni locali del paese. Chiedono all’azienda di fermare i propri progetti sulle sabbie bituminose e l’olio di palma nel Bacino del Congo. Proprio il piano d’azione per il G8 prevede tra i suoi punti specifici la “salvaguardia delle foreste tropicali del Bacino del Congo”, le seconde più grandi ancora esistenti sulla Terra.
Ma l’ENI continua a sfruttare una parte di quelle foreste per la coltivazione di olio di palma, destinato principalmente alla produzione di biocombustibili. ”Da parte dell'ENI non c'è stata alcuna seria consultazione con le comunità locali, il che contraddice ampiamente le stesse linee guida sui diritti umani della compagnia italiana" ha spiegato Christian Monzéo, di Rencontre pour les droits de l'homme. "L'Italia sta minando la propria credibilità internazionale di presidente di turno del G8, che si è posto l'obiettivo di preservare il Bacino del Congo e promuovere partnership per lo sviluppo dell'Africa,", ha aggiunto la Gerebizza che si occupa di finanza per lo sviluppo per la Campagna per la riforma della Banca Mondiale, con particolare attenzione per gli impatti sui paesi più poveri dei grandi progetti infrastrutturali nel settore energetico e degli investimenti della Banca Mondiale nel settore estrattivo e per la lotta al cambiamento climatico.
Questo paese sembra essere ghiotto a tutti. Un gruppo di esperti internazionali dichiarano che, diversi Funzionari della Tanzania, Uganda e Burundi sono coinvolti nei movimenti d’affari con i trafficanti di armi e contrabbandieri d’oro che lavorano per le forze ribelli della Repubblica democratica del Congo. Secondo la relazione, alcuni di loro avrebbero trasportato il bottino fuori l’africa, con la compagnia aerea nazionale. La relazione farebbe anche i nomi dei paesi associati a questo traffico illegale. Comunque, il Consiglio di sicurezza dell’Onu non ha ancora approvato la pubblicazione del rapporto. Le prime indiscrezioni dicono che esiste una rete globale che contribuisce a finanziare il dominio dei ribelli. Il quotidiano Wall Street Journal ha scritto di recente che un diplomatico ugandese aveva dichiarato al Consiglio che la relazione si basa solamente su “ipotesi”. Insomma. Come sempre le guerre sono mascherate in dissidi etnici e religiosi, ma sulla base c’è sempre l’odore dei soldi.
E’ stata aspramente criticata da Human right watch, anche la missione delle Nazioni unite. I vertici dei Caschi Blù smentiscono categoricamente che siano "complici" di abusi commessi dall'esercito congolese. La missione è aiutare l'esercito nazionale, noto come FARDC, per mantenere i ribelli fuori dalle aree cruciali. La relazione di Human Rights Watch, “sostiene che il supporto delle Nazioni Unite alle FARDC, sia come un fattore di complicità" dice Doss, sottosaegretario dell’Onu.
Nonostante gli sforzi, le violenze non si sono mai fermate, anzi, hanno causato sempre più profughi e sfollati interni. Human Right Watch accusa anche i vertici militari congolesi di essere complici e di insabbiare la pratica degli stupri di guerra perpetrati in questi anni e chiede urgentemente alle autorità di indagare e perseguire gli alti funzionari dell’esercito coinvolti o complici di violenze sessuali sulle donne e sulle ragazzine.
Onori Andrea

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