Diritti umani violati Marzo - Aprile 2012

18 Aprile 2012 - Questa foto è stata scattata da Francesco Sperandeo durante il volo Roma-Tunisi delle 9,20 ALITALIA di ieri (17 aprile). Due cittadini tunisini respinti dall'Italia e trattati in modo disumano. Nastro marrone da pacchi attorno al viso per tappare la bocca ai due e fascette in plastica per bloccare i polsi. "La cosa più grave - dice Francesco - è stata che tutto è accaduto nella totale indifferenza dei passeggeri e alla mia accesa richiesta di trattare in modo umano i due mi è stato intimato in modo arrogante di tornare al mio posto perché si trattava di una normale operazione di polizia"


10 Aprile 2012 - TARANTO - Da quasi tre settimane dorme in auto con la moglie e la figlia di 15 anni perché ha dovuto lasciare il suo appartamento non riuscendo più a pagare l'affitto: è la storia di Antonio, un piastrellista di 44 anni, di Taranto, licenziato tre anni fa da un'impresa, che ora riesce a svolgere solo piccoli lavori saltuari e non ce la fa più a mantenere la sua famiglia. Antonio è stato costretto, suo malgrado, ad abbandonare l'appartamento di via Mazzini, dove ha vissuto per anni, e ora la notte dorme con la moglie 41enne e la figlia a bordo della sua Fiat Stilo, che ha parcheggiato in piazza Bettolo, a Taranto. Antonio è disperato perché non trova lavoro, ha perso tutto e non sa fino a quando potrà continuare a mandare a scuola la figlia. L'uomo, che ha avuto solo la solidarietà di alcuni conoscenti, non cerca sussidi ma chiede un lavoro per tornare a svolgere una vita normale.


23 marzo 2012 - TRAYYON MARTIN, 17 anni è un'altra, l'ennesima, vittima di razzismo. Al ragazzo è bastato avere un cappuccio e la pelle di colore nero per far estrarre la pistola ad una guardia di Sanford, alla periferia di Orlando. I fatti risalgono allo scorso 26 febbraio, quando Trayvon Martin viene ucciso mentre stava tornando a casa dopo essersi fermato in un negozio per comprare delle caramelle. A sparare George Zimmerman, 28 anni, a capo di una ronda di quartiere. La vittima era disarmata e l'uomo che ha sparato è ancora libero, nonostante il sospetto che dietro la tragedia ci sia anche un movente razziale. L'uomo ha ammesso di aver sparato al ragazzo colpendolo al petto. Prima di esplodere il colpo mortale aveva chiamato la polizia per riportare la presenza di una persona sospetta, un giovane di colore col cappuccio della felpa sollevato (perché pioveva). Ieri, dopo giorni di tam tam su Twitter, la protesta ha avuto un primo risvolto concreto: il capo della polizia di Sanford, Bill Lee, ha annunciato le sue dimissioni.Migliaia di persone hanno partecipato stanotte a una marcia di protesta contro l'uccisione di Trayvon Martin


22 marzo 2012 - “Rifiuto di entrare nell’esercito israeliano perché non intendo far parte di un esercito che, fin dalla sua creazione, è stato impegnato nel dominio di un’altra nazione, nel saccheggio e il terrorismo contro una popolazione civile sotto il suo controllo”. A dirlo è una ragazza israeliana che ha pubblicamente annunciato la sua intenzione di rifiutare il servizio militare. Il suo nome è Noam Gur e non vuole nascondersi. La ragazza coraggio, che si rifiuta di concedersi alle armi e ribadisce il suo antimilitarismo fino allo sfinimento, preferisce il dialogo e la parola. Vuole la pace, anche a costo di vedere i suoi amici rivoltarsi contro di lei. "I miei genitori non mi hanno sostenuto. Non sono più in contatto con la maggior parte dei miei compagni di scuola, molti di loro sono nell’esercito. Ho ricevuto tante positive risposte negli ultimi giorni, ma anche commenti poco amichevoli”. Un essere umano nella sua vita ha il diritto di fare le sue scelte, spesso gli Stati nazionali te lo impediscono e adottano il metodo repressivo usando violenza fisica o psicologica. Noam, il 16 aprile deve presentarsi al centro di reclutamento di Ramat Gan per diventare una soldatessa, ma Noam, non vuole esserlo. "Andrò lì e dichiarerò che rifiuto. Starò lì qualche ora e poi sarò giudicata e condannata alla prigione, da una settimana ad un mese. Passerò il mio tempo in un carcere femminile e poi sarò rilasciata. Quando sarò fuori, andrò di nuovo a Ramat Gan e di nuovo sarò condannata, da una settimana ad un mese. Continuerà così fino a quando l’esercito deciderà di smettere". La ragazza,di Kiryat Motzkin città nel distretto di Haifa, a 8 chilometri a nord nella città omonima, non ama molto le armi e ha fatto una scelta ben precisa: si rifiuta di collaborare con la violenza, proprio come qualche anno fa anche in Italia si rifiutava il servizio di leva per una questione di civiltà. Per un pacifista avere un’arma in mano è come morire dentro, è una violenza inaudita. Giusto o no queste scelte devono essere rispettate. Per molti motivi Noam non ama la guerra: "Lo vediamo nell’ultimo massacro a Gaza, lo vediamo nella vita quotidiana dei palestinesi sotto occupazione nella Striscia e in Cisgiordania, lo vediamo nella vita dei palestinesi in Israele, nel modo in cui vengono trattati. Non credo di poter personalmente prendere parte a tali crimini. Il mio destino era terminare gli studi ed entrare nell’esercito. Da quando ho 15 anni, ho iniziato ad interessarmi alla Nakba del 1948. Ho cominciato a leggere e a comprendere il quadro completo della situazione". Ogni persona ovviamente, non possiede la verità assoluta in tasca, ma la sua verità personale non può essere schiacciata e derisa. "Credo sia importante che ognuno guardi a cosa sta facendo. Penso che molti diciottenni, per mia esperienza personale, non sappiano cosa stanno per fare. Non sanno quello che accade a Gaza e in Cisgiordania. Il solo modo in cui vedranno i palestinesi per la prima volta sarà da soldati. Sarebbe intelligente per cominciare, prima di entrare nell’esercito, capire qual è la realtà. Cercare di realizzare, parlare con la gente. Non è così spaventoso. Provare a leggere quello che la gente dice. Penso sia veramente importante capire quello che sta avvenendo". Ci sono piccole sacche di potere, gruppi xenofobi e razzisti, nazionalisti e patrioti che con gesti folli e sconsiderati vogliono portare il mondo dove vogliono loro. Ogni Stato, fortemente nazionalista, rivendica la sua indole di prevalere sull'altro. Da questi insegnamenti nascono conflitti (con eserciti) e violenze individuali. Noam per caso è nata in Israele, come io per caso sono nato in Italia e Jehad per caso è nato a Gaza. Con le nostre diversità, uniti e liberi possiamo andare lontano. Nessun potere ha il diritto di distruggere i nostri sogni. Non lo farà Hamas, non lo farà il governo israeliano e non lo farà il professor Monti. In Italia preferiamo costruire aerei da guerra e lasciamo morire di fame la gente per colpa di un feroce nazionalismo. Vi sembra normale lasciare la gente senza una casa e comprare aerei da guerra??? In superficie ci dividono frontiere, muri, bandiere. Se si vuole vedere un mondo diverso e nel profondo dell'anima, basta scrollarsi di dosso di tutto ciò e guardare lontano.Oltre il muro, davanti a te vedrai soltanto un altro essere umano che prova le tue stesse emozioni. Nessun credo, patria, colore, differenza e ricchezza può rendere superiore un uomo ad un altro. Che siano palestinesi, Israeliani, Musulmani, Ebrei, Cristiani, o atei non c'è differenza, siamo ESSERI VIVI e PENSANTI. La nostra patria è il mondo, i nostri fratelli sono tutti gli esseri umani! Questo fottuto mondo non è di nessuno... è di tutti. Noam lotta anche per Gabriel Sandler (4 anni), Arieh Sandler (5 anni), Jonathan Sandler (30 anni), Myriam Monsonego (7 anni), Abdel Chennouf (25 anni), Mohamed Legouad (24 anni),Imad Ibn Ziaten (30 anni) vittime dell'odio e della violenza in Francia. Non sono poi distanti gli esempi di odio generati dalla crudeltà umana come in Norvegia, in Italia (a Firenze con la morte di senegalesi a causa del razzismo) o con gli attacchi Israeliani su Gaza. Sono vittime tanto diverse con un destino uguale: morte a causa di ideologie vigliacche. Dal 1945 si dice MAI PIU', eppure il razzismo, la ferocia dei nazionalismi, patriottismi e fondamentalismi continuano a mietere vittime innocenti e il potere continua a generare mostriciattoli xenofobi. Badate bene che non sto risparmiando nessun potere di nessun colore politico. Cambieranno i programmi ma la voglia di avere tutto e subito per la loro “patria” è intrisa nei loro occhi. Non importa se a morire sono innocenti bambini, l’importante è che viva la patria. Costruiamo la società dal basso, lì c’è più umanità e non ci sono interessi personali o voglia di distruggere il mondo. Solo da una Donna con la maiuscola, potevo aspettarmi un gesto così grande.Una donna esempio di civiltà. Grazie Noam P.S diamo SOLIDARIETA' a Noam. Diciamo NO alla prigione, le idee non si arrestano!!!


21 Marzo 2012 - E' successo in un attimo, verso le 8, davanti alla scuola ebraica di Tolosa, nel sudovest della Francia: un killer con il casco, su uno scooter nero, ha aperto il fuoco sui bambini fermi al punto di raduno di tutte le mattine. E' morto un insegnante (un rabbino) di 30 anni, i suoi due figli di 4 e 5 anni e una bambina di 7, figlia del direttore della scuola. Anche un adolescente di 17 anni è rimasto vittima dell'agguato. Il giovane è stato gravemente ferito e si trova in fin di vita all'ospedale di Tolosa. Qualche settimana prima morivano tre soldati francesi sempre dalla stessa mano. Gabriel Sandler (4 anni), Arieh Sandler (5 anni), Jonathan Sandler (30 anni), Myriam Monsonego (7 anni), Abdel Chennouf (25 anni), Mohamed Legouad (24 anni),Imad Ibn Ziaten (30 anni) sono le vittime dell'odio e della violenza. Tanto diversi, con un destino uguale: vittime della stessa mano, intrisa di crudeltà e di ideologie vigliacche. Dal 1945 si dice MAI PIU', eppure il razzismo, la ferocia dei nazionalismi, patriottismi e fondamentalismi continuano a mietere vittime innocenti e il potere continua a generare mostriciattoli xenofobi. Eliminare i nazifascismi è una priorità per costruire un mondo migliore. Quel che è successo in Francia non è poi così distante da ciò che si è visto in Norvegia qualche tempo fa oppure a Firenze con la morte di ragazzi senegalesi. Ci sono piccole sacche di potere, gruppi xenofobi e razzisti, nazionalisti e patrioti che con gesti folli e sconsiderati vogliono portare il mondo dove vogliono loro. Nasce l'odio individuale proprio perchè generato da una società xenofoba e razzista. Credo sia il fatto di aver paura delle diversità che ogni gruppo sociale, fortemente nazionalista, rivendica la sua indole di prevalere sull'altro. Da questi insegnamenti nascono conflitti ( con eserciti) e violenze individuali. Diversi, ma uniti e liberi si può andare lontano. Noi, crediamo in un mondo senza frontiere e fottute bandiere, libero e solidale. Nessun credo, patria, colore, differenza e ricchezza può rendere superiore un uomo. Che siano palestinesi o ebrei, i BAMBINI non si toccano! La nostra patria è il mondo, i nostri fratelli sono tutti gli esseri umani! Questo fottuto mondo non è di nessuno... è di tutti


16 Marzo 2012 - Helena aveva solo sedici anni quando i genitori l'hanno venduta, "affidata", a un uomo di 34. A testimoniare lo scambio un atto redatto da un notaio. La storia di Helena, che ora ha 17 anni e vive a Roma, è stata scoperta ieri notte durante una perlustrazione degli argini del Tevere. Durante il controllo, gli agenti hanno chiesto spiegazioni al suo "aguzzino" che era con la ragazza minorenne. Lui ha mostrato il documento, spiegato che era tutto regolare e che presto si sarebbero anche sposati. L’atto dice più o meno questo: i sottoscritti cedono la figlia al signor tal dei tali che d’ora in avanti ne è responsabile, così come prevede l’accordo stipulato in precedenza. Helena annuiva dall'interno di una baracca in cui non c'è altro che un materasso a due piazze, un fornellino e una brace per sconfiggere il freddo. Condizioni miserabili per la giovane, che si accompagna a un uomo che è già noto per sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù di ragazza come Helena ma che al momento non risulta abbia riservato lo stesso trattamento anche a lei. L'atto non ha alcun valore e dei controlli accerteranno che sia stato realmente firmato dai genitori della ragazza e se c'è stato un pagamento per la cessione. Il sogno italiano di Helena al momento è tutto qui, ai margini di margini, a condividere fango e buio con altri invisibili, quelli che dormono al di sotto della strada, dietro pareti di cartone, di tela o di legno e respirano l’aria umida del Tevere.E’ l’altra Roma, quella che non si vede, quella marginalizzata. Quella parte di Roma sgomberata ripetutamente e spostata sempre più lontano dalla vita sociale della città.



9 marzo 2012 - GIOVANNI LO PORTO è di origine siciliana e ha 38 anni. E' stato sequestrato il 19 gennaio scorso, appena arrivato a Multan, nella regione pakistana del Punjab. Giovanni era insieme ad un altro volontario tedesco, di nome Burnd, di 45 anni, anch'egli sequestrato. I due lavorano per l’ong tedesca Welt Hunger Hilfe ed erano di ritorno dalle zone alluvionate di Qasim Bela, vicino a Kot Addu. Giovanni ha il ruolo di amministratore del programma locale della ong mentre Bernd è amministratore delle attività. Giovanni in precedenza era stato ad Haiti, colpita da un catastrofico terremoto. Secondo i media i due sarebbero nelle mani del gruppo talebano Tehrik-e-Taliban Pakistan.
 LIBERTA' PER GIOVANNI




11 Marzo 2011 - AFGHANISTAN - Un soldato americano ha improvvisamente aperto il fuoco oggi all'alba contro quattro abitazioni in un villaggio della provincia meridionale afghana di Kandahar, causando la morte di almeno 17 persone, tra cui nove bambini e tre donne, prima di consegnarsi ed essere arrestato da militari della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf). Secondo quanto racconta un reporter della Afp le vittime sono state bruciate. "Sono entrato in tre case e ho contato 16 morti, inclusi bambini, donne e uomini anziani", racconta in una testimonianza un giornalista dell'agenzia che ha visitato i villaggi afghani. "In una delle abitazioni c'erano i corpi di dieci persone, fra cui donne e bambini, che erano stati tutti uccisi e bruciati in una stanza. Un'altra donna invece giaceva morta all'entrata della casa. Sono stati uccisi e bruciati. Ho visto (fra i cadaveri) almeno due bambini di età fra i due e i tre anni, che erano stati bruciati". "In un'altra casa", situata in un secondo villaggio, "c'erano quattro persone morte. Ho visto i loro cadaveri stesi in una stanza. Fra loro c'erano due uomini anziani e una donna", racconta ancora la fonte giornalistica, che parla di un sedicesimo corpo in una terza abitazione. I nomi dei due villaggi, secondo il portavoce del governo provinciale di Kandahar, sono Alokozai e Garrambai, entrambi nel distretto de Panjwayi.(ANSA) KILLER SOLITARIO O IN GRUPPO? - Il soldato, colto da un raptus, ha lasciato la sua base intorno alle 3 del mattino (le 23.30 di ieri in Italia), facendo irruzione nelle due case e aprendo il fuoco sui civili. Secondo un residente citato da Associated Press, avrebbe aperto il fuoco in tre case diverse.Ma, secondo alcuni testimoni non sarebbe un killer solitario impazzito, ma un «gruppo di soldati americani, che ridevano ed erano ubriachi» Haji Samad, abitante di uno dei due villaggi afghani del massacro, ha raccontato che undici membri della sua famiglia, fra cui figli e nipotini, sono stati uccisi all'interno della sua casa da quelli che descrive come «soldati ubriachi che sparavano all'impazzata». (Corriere.it)



13 Marzo 2012 - Nati in Italia ma rinchiusi nel Cie: a Modena il caso di ANDREA e SENAD. Sono nati e cresciuti a Sassuolo da genitori di origine bosniaca, ma per la legge italiana ora sono irregolari. Così Andrea e Senad, 23 e 24 anni, son finiti nel Cie di Modena. ....................... Cosa succede ad una persona nata e vissuta in Italia, da genitori stranieri, che al compimento del suo 18° anno non ottiene la cittadinanza italiana? Diventa immigrato. Cosa succede se quell’immigrato non ottiene il permesso di soggiorno perché non trova lavoro? Diventa “clandestino”! E che cosa rischia un “clandestino” quando viene controllato dalle forze dell’ordine? Viene arrestato e rinchiuso in un Centro d’Identificazione e Espulsione (CIE) il tempo necessario per provvedere alla sua espulsione. E se questa persona non possiede un’altra nazionalità? Diventa apolide ovvero senza patria. E allora dove la mandano se è apolide? Da nessuna parte resta nel CIE, una struttura peggiore del carcere. di ALY BABA FAYE: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/12/andrea-senad-persecuzione-etnica-stato/196680/ ................. Il Garante Desi Bruno ha incontrato anche Andrea e Senad e ha riferito di avere trovato i due giovani "molto spaventati" per l'incerto destino che li attende in attesa di sapere se la Bosnia riconoscerà loro la cittadinanza, circostanza che porterà alla loro espulsione in quel Paese, di cui sono originari i loro genitori, ma dove non hanno mai vissuto e di cui non conoscono neppure la lingua, essendo nati e cresciuti a Sassuolo."Se non dovessero essere espulsi perché la Bosnia non li riconosce, Andrea e Senad verranno rilasciati, ma rischiano di tornare dentro nel caso di ulteriori procedimenti di identificazione" FONTE: http://www.modenatoday.it/cronaca/cie-modena-andrea-senad-garante-detenuti-desi-bruno.html .............. FIRMA LA PETIZIONE "L'Italiaè anche Andrea e Senad": http://www.petizionepubblica.it/PeticaoVer.aspx?pi=P2012N21826



25 Marzo 2012 - Haima Alawadi, una 32enne di origini irachene, è stata massacrata di botte nella sua casa a El Cajon, California. La figlia l’ha trovata in fin di vita in un bagno di sangue; accanto a lei un biglietto: “Torna al tuo Paese, sei una terrorista”. Madre di cinque figli, la donna si era trasferita negli Stati Uniti verso la metà degli anni ’90. Diversi elementi inducono però a pensare che la donna sia stata vittima di intolleranza razziale, come il messaggio di avvertimento lasciato fuori dall'abitazione di Haima nelle settimane scorse e non denunciato alla polizia perchè la donna non gli aveva dato peso. Che strani questi americani che dicono "torna al tuo paese", quando loro hanno occupato militarmente e bombardato il paese d'origine di Haima. Poi, non contenti gli etichettano la parola "terrorista" dopo che è stata uccisa in modo malvagio proprio come fanno i soldati USA in Iraq e Afghanistan che, incuranti e spavaldi, hanno ucciso senza motivo persone civili, bambini e violentato donne. Chi è il terrorista?



28 Marzo 2012 - Ancora una volta la Shell. Ancora l’oro nero. Dopo il mancato accordo, per due fuoriuscite di greggio avvenute nel 2008 sotto l’indifferenza dei mass media, la società anglo olandese è stata chiamata a giudizio davanti il tribunale di Londra dalla comunità di Bodo, nella regione meridionale del Delta del Niger. I legali, rappresentanti di 35 villaggi della comunità, chiedono giustizia per circa 49mila persone, in maggioranza pescatori. Lo sversamento che ha causato danni irreparabili all’ambiente e alla vita dei locali, secondo l’accusa è stato di 500.000 barili di greggio. La Shell ha riconosciuto in parte le sue responsabilità sostenendo che le fuoriuscite sarebbero ammontate ad un massimo di 4000 barili. Nessun segnale di preoccupazione è mai apparso sui volti dei capi di Stato, anzi, si mettono in strada ancora con le loro politiche arretrate per non mettere in discussione la centralità dell’occidente e soprattutto delle loro poltrone che potrebbero saltatre da un momento all’altro. Con tutto il petrolio che possiedono i paesi africani potrebbero davvero ribaltare il mondo, ma a loro l’accesso alle strutture petrolifere è negato. Si pensa che molte compagnie che estraggono petrolio nei paesi africani, portano sviluppo e lavoro. Non è così, nei paesi africani la ricchezza è sempre rimasta nelle mani di ben poche persone. Se si va in Nigeria, dalle tubature si vede sgorgare l’oro nero che si riversa su fiumi e torrenti. Schizza da tutte le parti penetrando nel corpo dei pesci e nelle bocche delle popolazioni locali. La pesca è impraticabile, i fiumi sono inquinati, i campi completamente distrutti, uomini e donne avvelenati. Ma la cosa più importante è produrre grandi quantità di barili al giorno. E non c’è solo la Shell ma anche altre multinazionali come l’ENI. Gli oleodotti delle multinazionali sono vecchi e abbandonati a sé stessi senza nessuna manutenzione. Le perdite di petrolio ci sono ripetutamente dal 1995 ad oggi e dopo la fuoriuscita non c’è nessuna bonifica, ma si continua a lavorare come se nulla fosse accaduto. I gas che fuoriescono fanno bruciare la foresta 24 ore su 24 facendo morire gli animali e la vegetazione, ma le compagnie petrolifere continuano a bruciare sul posto i gas che vengono a galla assieme al petrolio. Amnesty International con una lettera aperta al presidente dell’Eni, Paolo Scaroni nel 2009 mostra tutta la preoccupazione per il devastante impatto che l’inquinamento e i danni ambientali derivanti dalle attività di ENI hanno sui diritti umani degli abitanti del Delta del Niger. “In Nigeria, o muori di fame, oppure vai a combattere con il movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (MEND)” così mi rispose un ragazzo nigeriano quando gli domandai perché aveva scelto la strada dell’emigrazione verso l’Italia. “Mi mancano i miei genitori, facevano i pescatori ma con il petrolio che esce tutto è più difficile. Tutta colpa del petrolio che non ci fa vivere in pace con la nostra famiglia. Vengono a casa nostra e ci tolgono il lavoro. Prendono tutto e portano via” aggiunse. VIVA KEN SARO WIWA Il territorio della comunità Bodo è la regione abitata anche dal popolo Ogoni divenuta celebre a livello internazionale per le mobilitazioni contro la Shell portate avanti dallo scrittore e attivista Ken Saro Wiwa tra la fine degli anni Ottanta e il 1995, quando fu impiccato sotto il regime del generale Sani Abacha dopo un processo farsa. La compagnia petrolifera Shell, accettò di pagare 15,5 milioni di dollari per chiudere una causa civile che vedeva la compagnia accusata di complicità in violazione dei diritti umani, istigazione alla tortura e complicità alle impiccagioni di alcuni attivisti, tra questi Saro Wiwa. Lo scrittore nigeriano e altri otto militanti impegnati del Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni per la difesa dei diritti dei residenti nella regione del Delta del Niger, sono stati barbaramente uccisi solo perché rivendicavano i loro diritti. Ken SaroWiwa dalla fine degli anni ’80 si fa portavoce di una campagna non violenta contro i danni ambientali della compagnia Shell. Nel 1993 SaroWiwa organizzò marce pacifiche radunando 300.000 persone, attirando l’attenzione di tutto il mondo sulla condizione di questo popolo. Fu arrestato e nel 1995 avvenne l’esecuzione tramite impiccagione al termine di un processo che ha suscitato le più vive proteste da parte dell'opinione pubblica internazionale. I familiari delle vittime hanno, sin da allora, combattuto contro la Shell e la loro prepotenza. Nell'atto di accusa, depositato negli Stati Uniti, i ricorrenti hanno accusato la Shell di aver fornito armi alla polizia nigeriana per tutti gli anni ‘90 e di aver aiutato l’esercito a catturare gli attivisti.Dal canto suo la Shell ha sempre respinto le accuse. Non bastano certamente gli spiccioli, che la Shell si toglie dalla tasca, per dare credibilità alle multinazionali che vessano continuamente nei territori più poveri e privi di diritti. Anche se passata, la vicenda SaroWiwa, è ancora di forte attualità in Nigeria, dove i militanti non-violenti del Mosop di Saro-Wiwa, che praticavano la disobbedienza civile, sono stati rimpiazzati dai militanti del Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), che ricorrono a sequestri, boicottaggi e scontri armati per perseguire gli stessi obiettivi. Si sono radicalizzati proprio per colpa di politiche internazionali vessatorie che non rispettano i diritti umani e uccidono intere comunità. Uccisioni pari ad un genocidio. Sebbene la Nigeria sia uno dei principali produttori di petrolio, la maggioranza della popolazione nigeriana vive ancora oggi in condizioni di estrema povertà a causa dell’alta corruzione e dell’incapacità della classe di governo di dare dignità al suo popolo. Prima che venisse impiccato, Saro Wiwa disse: “Il Signore accolga la mia anima, ma la lotta continua”. Ed oggi, la lotta per la libertà dei nigeriani ancora continua

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